I migliori dieci · Libri

I migliori dieci racconti di Clark Ashton Smith

A Clark Ashton Smith, uno dei tre grandi autori di Weird Tales assieme a Lovecraft e Howard, ho dedicato parecchi aggiornamenti nel corso degli ultimi due anni: credo anzi di aver commentato tutti i suoi racconti, almeno quelli tradotti in italiano, che sono poi una buona parte del centinaio abbondante di storie scritte dal californiano per lo più tra il 1929 ed il 1934.
Non voglio dilungarmi a parlare dei meriti della sua prosa, che ho già affrontato negli articoli dedicati alle sue raccolte, soprattutto quelle dei «Miti di Cthulhu» pubblicate dalla Fanucci alla fine degli anni Ottanta, ossia: Il destino di Antarion, La Venere di Azombeii, Le metamorfosi della terra, Hyperborea, Xiccarph, Averoigne, Malnéant, Zothique ed altre antologie minori, oltre ai due volumi sul meglio di Weird Tales (qui e qui).
Voglio però spendere due parole per evidenziare anche in quest’occasione il grande talento narrativo di Smith, senza eguali quando si tratta di descrivere una scena in tutti i suoi particolari: in questi passaggi infatti il ritmo rallenta sin quasi a fermarsi, così da lasciare all’autore tutto il tempo e lo spazio per costruire un’immagine visiva dell’ambiente e dei personaggi, quasi un dipinto. Smith non trascura alcun dettaglio ed anzi arricchisce la narrazione di fronzoli e descrizioni superflui dal punto di vista narrativo ma necessari appunto per creare quella suggestione che dà all’ambientazione un tocco di magia: par quasi di vedere la scena attraverso una foschia di sogno se non addirittura attraverso il più classico specchio magico delle fiabe.
In queste lunghe descrizioni vengono sollecitati tutti i sensi, compreso l’olfatto, che mi spingerei a giudicare l’elemento distintivo dei suoi racconti: pochi autori infatti si ricordano di descrivere gli odori, che in Smith invece sono spesso uno strumento mediante il quale vengono anticipati il decadimento o il marciume dell’ambiente e così viene amplificato l’effetto macabro che in definitiva l’autore vuole raggiungere. Odori pronunciati, dolciastri, spesso mescolati tra loro in maniera innaturale e sgradevole non sono altro che un modo per ricordare in maniera implicita che la morte è sempre presente, in agguato nelle sue storie: da qui non è azzardato arrivare a definire barocco il suo stile, proprio perché Smith fa un riferimento costante alla «fatal quiete» nei suoi racconti.
Nell’insieme le sue storie riescono quindi gradevoli, se piace il genere: certo, alcune sono decisamente carenti, una sofferenza da leggere, ma in generale è difficile rimanere delusi da una storia scritta da Smith. Proprio per agevolare un primo impatto con questo autore, ho perciò deciso di elencare qui di seguito quelli che ritengo essere i dieci migliori racconti del californiano, un’abitudine che ormai è divenuta anche una rubrica saltuaria di Libri Pulp: solo in corso d’opera però mi sono reso conto che non si trattava di un compito semplice, dal momento che molte storie avrebbero meritato la menzione. Alla fine mi sono risolto a chiudere la lista a quota tredici: ho dovuto cioè includere tre racconti extra, perché non riuscivo proprio a persuadermi di escluderli.

I migliori dieci racconti di Clark Ashton Smith
Spero sinceramente che questo articolo – e soprattutto la lista che segue – possa aiutare a far scoprire Smith ai nuovi lettori e magari a destare un po’ di interesse sia sulle sue storie sia sulla sword and sorcery in generale.

1) Le sette fatiche (The Seven Geases, 1934) – da: Hyperborea
Ralibar Vooz, magistrato e parente del re di Commoriom, va a caccia di subumani nelle montagne vulcaniche che si trovano nella giungla che circonda la città. Separatosi dai suoi compagni d’avventura (altri ventisei cacciatori) per l’impeto, interrompe l’evocazione di alcune creature che un vecchio mago stava compiendo. Questi, per punirlo, gli impone un comando: deve gettare le armi, entrare nelle caverne dei subumani, difendersi da essi a mani nude ed offrirsi in sacrificio al dio rospo Tsathoggua, che si dice venire da Plutone; l’uccello Raphtontis, famiglio del vecchio, lo guiderà lungo il cammino.
Quando Vooz raggiunge il dio, questi si è già nutrito e così lo rigira come dono al dio ragno Atlach-Nacha, che però è impegnato a tessere ponti sull’abisso senza fondo: questi a sua volta lo manda da Haon-Dor, lo stregone preumano. Ma anche costui non sa cosa farsene dell’uomo, che darebbe volentieri in pasto ai suoi demoni ma il suo sangue sarebbe come una goccia d’acqua nel deserto, così ritiene che offrirlo in dono agli uomini serpente gli sia più vantaggioso.
Ma pure gli uomini serpente non sanno che farsene di Vooz: già conoscono gli esseri umani, che hanno già vivisezionato in abbondanza ed oggi sono interessati solo ai veleni; così lo rigirano agli Archetipi, la forma originaria dell’uomo, che pure lo rifiutano, disgustati, mandandolo invece ad Abhoth, padre e madre di tutte le sozzure cosmiche. Ma pure questo lo trova così alieno dalle creature che genera e di cui si nutre che non vuole rischiare la propria digestione ingerendolo, perciò impone a Vooz – che è sempre obbligato dalla contingenza impostagli dal vecchio – di cercare e raggiungere il Mondo Esterno di cui ha sentito parlare.
Vooz ripercorre la strada già percorsa e sta per farcela ad uscire dalle viscere della terra, solo che, quando raggiunge le ragnatele di Atlach-Nacha, precipita nell’abisso: un’altra creatura, passata prima di lui, aveva infatti spezzato il filo. (7)

2) Il colosso di Ylourgne (The Colossus of Ylourgne, 1934) – da: Averoigne
Per vendicarsi di Ylourgne, la città che lo voleva morto a causa delle sue arti magiche, un negromante moribondo fugge e prepara il suo ritorno in una caverna: con la magia attira a sé centinaia di cadaveri usciti dalle tombe, li fa fare a pezzi e cuocere dai servitori, ricavando così il materiale per modellare il corpo di un essere gigantesco, nel quale poi trasferisce la sua anima. Con questo colosso inarrestabile va poi ad attaccare Ylourgne, per raderla al suolo: la battaglia sta volgendo in suo favore quando un suo adepto apostata sceglie di affrontarlo e lo sconfigge. Splendide atmosfere, discreta avventura. (7)

3) Le Cripte di Yoh-Vombis (The Vaults of Yoh-Vombis, 1932) – da: Xiccarph
Una spedizione archeologica nelle rovine di un’antica città marziana che, si dice, è stata sterminata da una muffa finisce malissimo: involontariamente gli archeologi risvegliano una sorta di cappuccio sanguisuga che libera migliaia di altre creature identiche ed assieme fanno strage degli archeologi. Questi cappucci si attaccano alla testa della vittima ed iniziano a divorare capelli, pelle, osso e cervello. Un archeologo riesce a mettersi in salvo strappandosi via il cappuccio col coltello: ma il contatto con l’essere l’ha come reso schiavo dell’Uno, l’origine di queste creature; così, impazzito, alla fine fugge dal manicomio in cui era stato ricoverato, per raggiungere il suo destino. (7)

4) Dio lunare (Master of the Asteroid, 1932) – da: Il destino di Antarion
Un tale, unico superstite di un equipaggio di tre esploratori spaziali, si schianta su un satellite: non può uscire dall’astronave perché il portellone è bloccato ma dalla cabina può assistere alla venerazione che gli abitanti insettoidi del pianeta tributano a lui ed alla nave. Viene infine l’inverno, muoiono tutti gli insettoidi: con la nuova generazione il culto prosegue, finché non appare una specie di nebbia che entra nella nave ed ammazza il tipo: è il vero dio lunare. Scritto in forma di diario. (6/7)

5) Il furto delle trentanove cinture (The Theft of the Thirty-Nine Girdles, 1957) – da: Il destino di Antarion
Bel racconto di sword and sorcery sul colpo preferito di un ladro ormai vecchio, che ricorda come riuscì a rubare le cinture dai costumi delle trentanove vergini sacerdotesse di un tempio solo per essere poi tradito dal mago che avrebbe dovuto fonderle in lingotti ma che, in segreto, ha preferito tenersele tutte per sé. Molto bello e gustoso, delicato. (7)

6) Il pianeta stupefacente (The Amazing Planet, 1931) – da: Le metamorfosi della terra
Mentre esplorano un pianeta, i due protagonisti vengono catturati dagli indigeni – una razza di cavernicoli giganti – e venduti ad un’altra razza di alieni più piccoli e tecnologizzati, che li portano sul loro pianeta per studiarli: ma già nei primi momenti della cattività sorgono delle incomprensioni tra esaminatori ed umani che, interpretando male le intenzioni dei padroni, fuggono facendo scempio degli alieni. Vengono infine salvati dalla loro nave, che ne aveva seguito le tracce fino al pianeta dove erano stati tratti. (7)

7) Il testamento di Athammaus (The Testament of Athammaus, 1930) – da: Hyperborea
Il protagonista è stato il boia di corte per decenni ed ora, ormai vecchio, ricorda l’evento più importante della sua vita: la cattura di un brigante subumano e l’abbandono di Commoriom, due eventi strettamente collegati. Questo brigante, della stessa razza dei subumani cannibali cacciati da Ralibar Vooz nelle «Sette fatiche» ma, si dice, discendente anche di antichi dei o creature extraterrestri, viene catturato e condannato a morte: della decapitazione si occupa il protagonista.
Dopo l’esecuzione, il corpo viene seppellito nella discarica, come di consueto: l’indomani però il brigante, in forma leggermente più bestiale, torna ad uccidere. Catturato, viene nuovamente decapitato e sepolto in una tomba più resistente. Ma il giorno successivo torna ancora, con aspetto sempre più bestiale, per essere catturato e decapitato ancora: testa e corpo vengono rinchiusi in contenitori metallici, tenuti separati l’uno dall’altro e sorvegliati per tutta la notte. Ma dai due contenitori esce un liquido schiumoso: quando le due fonti entrano in contatto, si genera una creatura mostruosa, un umano deforme tutto tentacoli. Spaventati, tutti, soldati compresi, fuggono, abbandonando la città al suo destino: il protagonista e narratore è l’ultimo a scappare. (7)

8) Il tessitore della cripta (The Weaver in the Vault, 1934) – da: Zothique
I tre soldati più valorosi del regno vengono mandati dal re a recuperare la mummia del fondatore della sua dinastia, sepolta nelle rovine dell’antica capitale, abbandonata secoli prima secondo alcuni in seguito ad un terremoto, secondo altri a causa di strane ombre che mandavano in putrefazione tutto ciò che toccavano.
I tre scendono nelle cripte e trovano tutti i loculi vuoti: ci sono gli abiti e gli ornamenti dei morti ma mancano i corpi e le ossa. Entrati finalmente nella tomba che devono saccheggiare, rimangono vittime di un terremoto: le pietre che cadono uccidono sul colpo i due guerrieri più anziani mentre il più giovane rimane bloccato da un’enorme masso che gli schiaccia le gambe e che non riesce a spostare.
Ore più tardi il soldato nota una luce che sale dal crepaccio prodottosi col terremoto: è proiettata da una sorta di sfera volante, che spunta dalla voragine, rimane sospesa a mezz’aria ed assorbe uno dei due cadaveri, poi scompare. Passato del tempo, il globo luminoso torna per assorbire il secondo. Trascorso altro tempo, la sfera riappare e si mette a fluttuare accanto al protagonista, in attesa che anche lui si decida a morire. (7)

9) La doppia ombra (The Double Shadow, 1939) da: Al di là del tempo e dello spazio
Un’evocazione riesce male ed invece di qualcosa di controllabile il negromante evoca un’ombra degli uomini serpente, così antichi che se n’è persa persino la memoria. Quest’ombra prima incorpora il negromante, poi la mummia rianimata che aveva preso parte al rito (il negromante si faceva servire da ombre, demoni e non morti) ed ora sta per assimilare anche l’apprendista del mago, che sta finendo di scrivere le sue memorie. Bello, di atmosfera. (6/7)

10) Il labirinto di Maal Dweb (The Maze of Maal Dweb, 1938) – da: Xiccarph
Un tale si intrufola nel palazzo e nel labirinto (tutto vegetale) che dà il titolo al racconto per liberare la bella del villaggio, rapita dal mago eponimo che lo ha creato: quando sta per raggiungerla, la ragazza viene pietrificata dallo stesso incantesimo che aveva già colpito tutte le altre vittime dello stregone incontrate dal protagonista lungo il cammino. L’eroe stesso viene poi tramutato da Maal Dweb in uno degli uomini scimmia che popolano il labirinto: solo che, annoiato, lo stregone, blocca la metamorfosi quando al protagonista di umano rimane solo la testa. A questo punto, divenuto una creatura semiumana, lo lascia libero di esplorare il labirinto. Bellissimo. (6/7)

11) L’ultimo incantesimo (The Last Incantation, 1930) – da: Mondi perduti e altri racconti
Un potente negromante di Poseidonis è preso dalla depressione: si mette a pensare e sognare e ricorda la sua fidanzata, Nylissa, morta il giorno prima del matrimonio. Decide di evocarne il fantasma: da principio gli pare bellissima come la ricordava ma di momento in momento perde la sua bellezza, finché lui non decide di congedarla. Interrogato il famiglio, questi gli garantisce che la donna era proprio lei: è lui che è cambiato, «non c’è formula negromantica che possa richiamare la giovinezza perduta o il cuore ardente e puro che amava Nylissa o la fiamma che si accendeva allora nei tuoi occhi. Ecco, o maestro, ciò che dovevi imparare». (7)

12) L’avvento del verme bianco (The Coming of the White Worm, 1941) – da: Hyperborea
Il verme bianco è una creatura probabilmente extraterrestre che porta gelo ovunque vada: viaggia per mare su un enorme iceberg, dove tiene prigionieri i suoi otto maghi. Il protagonista è uno di questi. Eventi portentosi si erano manifestati nel villaggio di pescatori in cui il mago viveva prima di essere catturato dal mostro: l’ultimo di questi avvenimenti è stato l’apparizione di una galea il cui equipaggio era stato trasformato in statue ghiacciate che nemmeno il fuoco riusciva a sciogliere.
Il verme bianco si nutre dei suoi maghi, le cui anime rimangono all’interno del mostro, come immerse in un limbo: questi spiriti tormentati riescono però a spingere il protagonista, ultimo superstite, all’azione, anche se lo avvertono che chi uccide il verme è destinato a morire nell’opera. Così accade. (7)

13) La porta di Saturno (The Door to Saturn, 1932) – da: Hyperborea
Il mago Eibon (che era scomparso misteriosamente in un altro racconto: Ubbo-Sathla, 1933) viene avvisato dal suo dio oscuro che un inquisitore sta venendo a prenderlo: fugge attraverso la «Porta di Saturno», un portale dimensionale che lo porta su Saturno appunto, tappa intermedia su cui lo stesso suo dio si era fermato prima di raggiungere la terra da un mondo molto più lontano. Da qui non c’è ritorno.
L’inquisitore però lo insegue: vista l’alienità dell’ambiente (fiumi di mercurio, piante che sembrano un misto dei regni vegetale, animale e minerale e così via), i due decidono di aiutarsi a vicenda per sopravvivere ed alla fine riescono pure ad ambientarsi. Dapprima sono accolti da un popolo la cui involuzione ha fatto scendere la testa in corrispondenza del petto: questi esseri, vista la forma perfetta dei due, decidono di usarli come stalloni per la nuova generazione. Solo che la Madre scelta per le nuove nascite è una creatura orribile a guardarsi; e non solo: per tradizione i mariti, dopo aver adempiuto ai loro doveri, vengono serviti in pasto alla Madre.
Così i due scappano, raggiungono un altro popolo – che adora un altro dio, zio di quello del mago (e anche più potente) – dove per combinazione vengono accolti l’uno (il mago) come profeta e fondatore di una nuova città, l’altro (l’inquisitore) come teocrate del tempio: e qui, con un pizzico di ironia, Smith osserva come quest’ultimo non avesse nulla da fare e si dedicasse alle attività comuni a tutti gli uomini di fede, ossia mangiare e correre dietro alle sottane. (7)

7 thoughts on “I migliori dieci racconti di Clark Ashton Smith

Scrivi qui il tuo commento