Sebbene il suo nome sia precipitato nell’oblio da molti anni, in realtà Ray Cummings dovrebbe essere ricordato come uno dei grandi pionieri della fantascienza degli esordi o «scientifiction»: giunto non giovanissimo alle riviste (aveva ormai passato i trent’anni), non è stato infatti solo un autore abbastanza prolifico degli anni Venti e Trenta – con una ventina di romanzi a puntate ed un numero incalcolabile di storie brevi pubblicate, alcune persino da Argosy e Weird Tales – ma ha avuto anche un ruolo attivo nel progresso scientifico di inizio secolo.
Un pioniere dimenticato
Per cinque anni, tra il 1914 ed il 1919 (l’anno in cui è uscito il suo primo racconto su All-Story Weekly, «The Girl in the Golden Atom»), Raymond King Cummings ha infatti lavorato come assistente personale e scrittore tecnico di Thomas Edison, «il più grande inventore d’America» oltre che della lampadina: già da qui si intuisce un certo suo interesse per la scienza – o superscienza – che infatti abbonda in molte delle sue storie, spesso in una deriva di chiacchiericcio tecnico pseudoscientifico estremamente preciso e convincente, molto in voga nei primi tempi della fantascienza, che non a caso a quei tempi si chiamava ancora «romanzo scientifico». Tuttavia, se da un lato la speculazione scientifica abbonda, dall’altro l’azione tende a languire, spesso soffocata dalla pedanteria dei tecnicismi, reali o fittizi che siano.
Dalle sue storie, un catalogo delle idee della fantascienza dell’epoca, emerge quindi la grande convinzione che nulla è o sarebbe stato impossibile alla scienza e che di conseguenza, previ ragionamento e ricerca, un giorno all’uomo si sarebbero dischiuse tecnologie e possibilità all’epoca solo ipotizzabili, «fantascientifiche» appunto: come l’onnipotenza dei raggi, che potevano ingrandire e rimpicciolire, attirare e sollevare, distruggere e creare; ma anche il viaggio nel tempo, le dimensioni parallele ed ovviamente la conquista dello spazio, che include i temi più popolari della space opera e del romanzo planetario.
In un simile campionario non possono ovviamente mancare nemmeno le storie di baci, che vengono solitamente offerte in una di due versioni: nella prima, l’intrepido protagonista si lancia all’inseguimento dell’amata scomparsa o rapita dai cattivi di turno; nella seconda invece l’eroe senza macchia e paura si getta a capofitto in un mondo ignoto per trovarvi inaspettatamente l’anima gemella. Alla fine infatti i pulp erano destinati in primo luogo ad una certa fascia di lettori, più o meno gli stessi che oggi vanno al cinema a guardarsi l’ennesimo campionario di effetti speciali: con la differenza che i pulp avevano una storia, per quanto semplice, lineare e prevedibile, mentre i filmoni spesso soffrono l’assenza di una trama.
Sono molti i romanzi di Cummings che meritano di essere ricordati ma ho scelto «Il mondo invisibile» (The White Invaders, 1931) perché sembra il manifesto della fantascienza degli anni Trenta: vi si trova un po’ di tutto, dalle dimensioni parallele alla superscienza, dai raggi onnipotenti al pericolo giallo senza trascurare il tentativo positivistico di spiegare fenomeni misteriosi o paranormali con la pura scienza. Manca solo la storia d’amore, inaspettatamente, almeno quella d’obbligo tra il protagonista e la bella di turno: ma la sua assenza rende solo più scorrevole ciò che rimane.
Il trionfo della superscienza
Pubblicato tutto intero da Astounding Stories nel dicembre 1931, «Il mondo invisibile» è la classica storia pulp degli anni Trenta: parte col botto, si siede a metà, poi si perde tra una sottotrama rosa di amore e gelosia e l’ingenuità dei cattivi, che offrono ai protagonisti tutta la conoscenza necessaria per sconfiggerli, ed infine torna a risollevarsi nel finale. Ma la fine arriva repentina: un attimo prima gli invasori stanno ancora facendo scempio di New York, l’attimo dopo è già tutto finito e dei cattivi non c’è nemmeno più traccia.
La trovata più memorabile della storia sta nell’idea tutta positivistica che la quarta dimensione sarebbe l’origine dei fantasmi: o meglio, gli spettri che crediamo di vedere non sarebbero altro che gli abitanti di questa dimensione parallela alla nostra che si muovono tra i due mondi mediante l’ausilio di apparecchiature particolari.
La storia è narrata in prima persona, quasi un ricordo personale degli eventi che per meno di una settimana hanno sconvolto il mondo e, almeno nelle linee generali, ormai «appartengono alla storia mondiale», per usare le parole del libro. Con questo artificio Cummings riesce a raccontare una storia gradevole, mantenendo un ritmo serrato ed essenziale: dice quello che serve, senza perdersi in dettagli inutili o descrizioni superflue, almeno finché non arriva alla sottotrama amorosa che riguarda il capo degli invasori, la sua preferita e la cugina di uno dei due protagonisti, sulla quale ha messo gli occhi. Ma questo triangolo è anche la ragione della sua sconfitta e quindi da un punto di vista narrativo ha ragione di esserci.
Una storia di fantasmi
La storia inizia il 15 maggio di un anno imprecisato ma chiaramente attorno all’anno di pubblicazione. I due protagonisti – Bob Rivers, radiotecnico di New York (che è il narratore), e Don Livingston, tecnico della piccola stazione radio locale – si trovano sull’isola di Bermuda: conversano con un indigeno, che sostiene di aver visto un fantasma. I due ovviamente non gli credono e solo quando la cugina di Don, Jane Dorrance (figlia di un influente politico dell’isola), sostiene di averne visto uno pure lei la sera prima tutto intento a spiarla dalla finestra della sua camera al primo piano, si persuadono ad andare a dare un’occhiata: e sono costretti a ricredersi quando vedono una figura luminosa che pare camminare nell’aria.
Questa apparizione ha tutto l’aspetto di un uomo robusto, alto almeno due metri, che sembra brillare di luce lunare: ha la faccia bianca, sopracciglia nere e folte, lineamenti pesanti; indossa un indumento bianco che sembra fatto di stoffa metallica e porta dei fili neri avvolti attorno alle braccia, alle spalle e alle gambe nude, collegati ad un quadrante che porta alla cintura. Costui li vede ma li ignora, così i nostri gli sparano col fucile ma i proiettili gli passano attraverso senza colpirlo.
L’indomani mattina i protagonisti scoprono che quella notte sono state segnalate altre apparizioni e sono scomparse diverse ragazze: durante il giorno però dei fantasmi…nemmeno l’ombra. Giunge la sera e Bob, Don e Jane stanno cenando al ristorante quando il primo vede che un tale li sta osservando dalla finestra: la sua faccia «dai lineamenti pesanti, bella e tuttavia maligna» assomiglia proprio a quella del fantasma che avevano visto la sera precedente. I due protagonisti corrono quindi in strada e lo fermano: l’uomo, che non ha più di quarant’anni ed è molto pallido («non della cattiva salute ma della naturale mancanza di colore»), dice di chiamarsi Robert Tako. Dal colletto della sua camicia però spunta uno dei cavi neri che avevano notato la sera prima, così i due sospettano qualcosa: scoppia una zuffa, interviene la polizia che, grazie all’autorità del nome di papà Dorrance, arresta lo sconosciuto e lo chiude in cella. Ma in prigione non rimane a lungo: i nostri si sono infatti dimenticati di perquisire Tako. Quando se ne ricordano, si precipitano nella cella, solo per vedere il suo spettro che ha ormai completato la transizione nell’altra dimensione. Però almeno hanno capito che non si tratta di fantasmi ma che è all’opera la scienza della quarta dimensione.
Ed in quel momento inizia la vera invasione.
Gli invasori da un’altra dimensione
Quella notte, sulla cresta delle colline poco lontane dalla stazione di polizia, compare un piccolo esercito di quegli invasori bianchi che danno il titolo al libro: una cinquantina di uomini armati di bastoncini che sparano raggi verdi sottili e letali: al contatto con questa luce le sostanze organiche, umani inclusi, semplicemente svaniscono, si dissolvono.
Ovviamente poco dopo l’evasione di Tako anche Jane viene rapita da un loro distaccamento, grazie alla superficialità di Bob e Dan, che però subito si lanciano al salvataggio: individuano il campo nemico, si infiltrano tra gli invasori e trovano anche le prigioniere (sono tutte donne infatti), Jane inclusa. Con facilità aggrediscono due guerrieri e ne indossano gli indumenti: non sono metallici come credevano ma elastici come la gomma e stranamente leggeri; organici, si scoprirà più avanti, perché la macchina che permette di passare da una dimensione all’altra è in grado di trasferire solo materie organiche. Ma invece di passare inosservati si muovono come scimmioni e così vengono catturati facilmente e portati dal loro capo, che è proprio Tako. Questi commette così il primo di tanti errori: appreso infatti che Bob viene da New York, chiede l’aiuto di entrambi nel suo progetto di conquista della città, che non conosce se non vagamente.
Per guadagnare tempo, ostacolare il piano e salvare Jane, i due fingono di accettare: così, dopo aver appreso come far funzionare il meccanismo di transizione (errore numero due), i nostri vengono trasferiti nella quarta dimensione assieme al corpo d’invasione e alle prigioniere.
La quarta dimensione, una terra spettrale
Il mondo da cui Tako ed i suoi vengono è un mondo buio, senza luna né stelle. Tuttavia le rocce e la vegetazione emettono una leggera luminescenza, sufficiente per vedere: Bob e Dan hanno così l’impressione di un immenso territorio aperto, roccioso, quasi desolato, una regione montuosa di ripide gole grigie, precipizi e profondi burroni sulla quale soffia incessantemente una lieve brezza calda.
Nel condurre i due protagonisti verso la sua fortezza, Tako, che è divenuto cordiale e loquace e mostra loro una certa simpatia, dapprima illustra il suo complotto contro la terra (errore numero tre), poi offre alcuni cenni storici sul suo mondo. Spiega così che un tempo gli abitanti della quarta dimensione erano un popolo progredito di scienziati: la tecnologia che sta impiegando per passare da una dimensione all’altra è infatti una reliquia di quei tempi lontani che lui ha riscoperto. Non esclude che gli antichi scienziati possano aver compiuto visite al nostro mondo: anzi, forse le leggende sugli spettri sono state provocate proprio dalle loro apparizioni.
Tuttavia quando, in un passato ormai dimenticato, il clima è cambiato e la terra è divenuta sterile, i vecchi imperi sono crollati: adesso le antiche città sono solo rovine, la scienza dimenticata, sopravvivono solo piccoli feudi come quello di Tako, in continua lotta tra loro. Il prestigio di questi signorotti si valuta non tanto in terre, ricchezze o potere quanto in donne: il numero e la bellezza delle concubine di un capo sono anche la fonte della sua autorità.
Non per Tako però. L’antagonista della storia non crede che la grandezza di un condottiero risieda nel suo harem ma nel potere del comando: sogna infatti un nuovo impero, una popolazione più numerosa, la bonifica di buona parte del deserto. E così adesso, dopo aver unito cento e più principi in una nuova nazione, ha organizzato il ratto delle donne terrestri per premiare la fedeltà degli alleati ed al tempo stesso ostentare il suo potere.
Segnali di pericolo
Al di là dei sogni di grandezza a spese dei terrestri, Tako viene presentato come un uomo decente. È infatti monogamo e, finché non entra in scena Jane, riserva – ricambiato – tutte le sue attenzioni ad una certa Tolla, che infatti si illumina non appena lo vede ritornare a casa: a lei affida la terrestre. E qui, come prevedibile, iniziano i guai per Tako (errore quattro): non appena vede Jane, Tolla infatti prova gelosia per la rivale («il suo sguardo divenne imperscrutabile», scrive Cummings).
Fatto ciò, Tako accompagna i terrestri al suo accampamento, da dove sta per lanciare l’attacco a New York: per la transizione vengono usati dei veicoli particolari, parallelepipedi lunghi e bassi di dimensioni varie – da quelle dei vagoni ferroviari a interi convogli – formati di fitte reti metalliche della solita sostanza organica vegetale. Prima della partenza però Tako, nel suo entusiasmo, mostra ai terrestri la cabina di pilotaggio del suo veicolo personale (errore cinque), poi li fa accomodare nel salottino riservato: il richiamo della superscienza è forte e nelle pagine Cummings non riesce a resistere alla tentazione di spiegare il principio di funzionamento di questi veicoli, che diventano quasi trasparenti se non invisibili e così possono muoversi in linea retta anche attraverso gli ostacoli.
Lo scempio di New York
Il viaggio dura un paio di giorni, durante i quali Tako rispiega – nel dettaglio questa volta – il suo piano di conquista di New York (errore sei), che include l’utilizzo di «bombe a materializzazione»: simili a mattoni ma a forma di cuneo, questi ordigni avranno un ruolo determinante nella distruzione della città. Durante il viaggio, altrimenti noiosetto, c’è anche tempo per una zuffa di gelosia tra Tolla e Jane, che non si risolve ma rimane a sobbollire per il resto del libro: sarà infatti la causa della sconfitta di Tako e dei suoi.
Nel frattempo le apparizioni si stanno facendo sempre più frequenti anche sulla costa orientale degli Stati Uniti ma le forze armate sono impotenti, perché non c’è arma che colpisca gli invasori: è il panico. E fin qui «il nemico non aveva fatto nulla, eccetto diffondere il terrore», scrive l’autore.
Finalmente, la sera del 19 maggio la spedizione raggiunge New York e alle due di notte inizia l’attacco: ancora intangibili, le bombe a materializzazione vengono prima collocate nei muri portanti delle fondamenta di tutti i grattacieli e poi materializzate tutte assieme. È una violazione delle leggi di natura (due corpi non possono occupare lo stesso spazio contemporaneamente) e così si innescano i crolli: per dieci minuti precipitano palazzi e grattacieli – tutti tranne l’Empire State Building (ancora nuovissimo: era stato completato a maggio dell’anno di pubblicazione del romanzo) – causando diecimila morti tra soldati, poliziotti, sciacalli e chi non era fuggito dalla città nonostante lo sfollamento.
Su quell’unico grattacielo rimasto in piedi, per decenni l’edificio più alto del mondo, Tako fa installare un’altra meraviglia dei tempi antichi, un proiettore potentissimo i cui raggi verdi seminano morte e distruzione tra i difensori: ma proprio qui, incapace di frenare il suo entusiasmo, compie l’errore (il settimo) che gli sarà fatale. Trionfante per la vittoria, abbraccia Jane, che non lo respinge come aveva fatto sinora: questo fa scattare la gelosia in Tolla, che si getta sui due ed uccide Tako, sparandogli con uno dei cilindretti usati dagli invasori come pistole. Soddisfatta, fa alcuni aggiustamenti sul proiettore, cambiandone la frequenza: spiega che il raggio adesso materializza le apparizioni a forza. In altre parole, il nuovo raggio costringe gli invasori, ancora evanescenti, a comparire nel nostro mondo: ma si trovano per lo più in punti già occupati da oggetti solidi – come sottoterra, sott’acqua o nei muri – e questo, come nel caso delle bombe, è una violazione delle leggi di natura. Fatto ciò, Tolla si getta nel vuoto.
A Bob e Dan, riconoscenti, non resta che spazzare le schiere nemiche col nuovo raggio, provocandone la distruzione in pochi secondi. Fine della storia.
Nelle note, l’autore spiegherà che ad oggi gli scienziati non sono ancora riusciti a ricostruire il principio secondo cui la transizione tra le due dimensioni è possibile.
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