Che abbia un debole per i vecchi racconti pulp non è certo un mistero: l’ho affermato chiaramente già con la scelta del titolo di questo blog. Così, dopo l’esordio d’obbligo dedicato al ciclo di Dumarest di cui sono appassionato, ritengo non meno doveroso parlare finalmente del genere che dà il nome a queste pagine: per questa ragione riprendo, rivedo ed aggiorno il vecchio commento che scrissi diversi anni fa – in un’epoca molto, molto lontana, mi rendo conto: era ancora su carta – non appena terminato di leggere l’edizione italiana di questa bella raccolta americana dedicata alla rivista Weird Tales, che pur tra alti e bassi è stata e rimane la rivista pulp per eccellenza.
La forza dei racconti pulp
Pur in mezzo ad interminabili uragani finanziari, ben spiegati nella lunga introduzione storica che apre il volume, Weird Tales è stata per oltre trent’anni la rivista più importante e – oggi possiamo dirlo – influente della narrativa fantastica del Novecento: le sue pagine hanno infatti accolto autori come Lovecraft, Howard, Del Rey, Bradbury, Leiber ed un’infinità di altri scrittori oggi forse meno noti ma certo non meno abili, le cui opere non solo sono ancora attualissime ma vengono anche lette tuttora e servono persino di ispirazione agli autori contemporanei in cerca di esempi da imitare.
Eppure secondo i criteri moderni i racconti pulp sono abbondantemente superati: le storie infatti sono spesso semplicistiche, i personaggi stereotipati, la scienza sorpassata o del tutto inventata, le situazioni spesso ingenue, espressione di un’epoca meno nevrotica e molto meno tecnologica. Tuttavia i pulp, così disprezzati persino da chi magari ha appena terminato di leggere l’ennesimo clone di Cthulhu, hanno tutto ciò che manca alla narrativa moderna: gusto, idee, energia, creatività, ritmo, concisione, oltre ovviamente alla capacità di creare situazioni fantastiche da una manciata di eventi quotidiani, che le rendono quasi fatti di cronaca, episodi che potrebbero accadere a chiunque, lettore compreso.
Un breve commento al volume
Certo, non tutti i racconti di questa antologia sono memorabili ma nell’insieme la maggior parte delle storie sono piacevoli ed imprevedibili, alcune decisamente spaventose: «La tenda di Amundsen» di Leahy, ad esempio, è uno dei racconti più raccapriccianti che abbia mai letto, non tanto per ciò che descrive quanto, al contrario, per ciò che cerca di non mostrare. D’altronde occorre anche rilevare che Weird Tales era interessata soprattutto all’orrorifico ed al macabro: così si spiega anche il gran numero di storie di questo genere contenute nel volume, che ha nella «Casa delle imposte chiuse» di Derleth un altro piccolo capolavoro del brivido.
Nell’antologia è presente anche il fantasy, sia nella sua versione più pulp e gradevole, la sword and sorcery (ma va detto che il ciclo di «Elak di Atlantide» di Kuttner qui contenuto non è uno degli esempi meglio riusciti), sia nella versione dell’urban fantasy, tornato recentemente di moda; è invece quasi assente la fantascienza e quella poca presente, come «La bella in ghiaccio» di Seabury Quinn, può benissimo rientrare nell’urban fantasy.
Purtroppo anche la scelta delle storie di autori noti come Lovecraft e Howard non è delle più felici: del primo si pubblicano due poesie ed un racconto tra i meno rappresentativi, «Oltre le mura del sonno»; del secondo vengono invece proposti una poesia mediocre ed un racconto leggermente orrorifico, «Il nero segugio della morte», che, pur essendo di buon livello, non è però così incisivo come le sue opere migliori, come Conan e Solomon Kane.
Da ultimo, va detto che l’edizione italiana un difetto purtroppo ce l’ha ma indipendente dalla qualità della traduzione, pur valida: l’originale americano infatti riproduce in copia anastatica le pagine della rivista in cui sono stati pubblicati i diversi racconti selezionati e contribuisce così a creare quell’atmosfera retrò che, inevitabilmente, si perde nell’edizione nostrana, che invece non può attingere ad alcun originale italiano degli anni Venti o Trenta. Certo, si tratta di una differenza che non impedisce né di leggere né di gustarsi l’opera ma è abbastanza evidente per passare inosservata.
L’originale inglese è stato diviso in due volumi: ho pubblicato qui il mio commento al secondo, Ancora Weird Tales (il secondo periodo, 1939-1954).
Voto: 7
Una breve carrellata sui contenuti
Trattandosi di racconti vecchi e non troppo noti, è difficile se non impossibile reperire riassunti anche brevi delle diverse trame, che aiutino a rinfrescare la memoria: è quindi mio desiderio tentare di ovviare a questa carenza nelle prossime righe.
Anthony M. Rud – Qualcosa di viscido (Ooze, 1923)
Uno scienziato trova il modo di far crescere a dismisura i microrganismi: ci prova anche con un’ameba, che però sfugge all’esperimento, diventa gigantesca, distrugge il laboratorio nelle paludi dell’Alabama e divora l’intera famiglia dello scienziato.
Il racconto è la ricostruzione degli eventi fatta da un caro amico del figlio. (Voto: 6/7)
Abraham Merritt – Le donne del bosco (The Women of the Wood, 1926)
Un reduce della Prima Guerra Mondiale scopre la quiete in una locanda sulla riva di un laghetto circondato dai boschi: durante un’escursione si accorge che gli alberi sono vivi, e inquieti. Quando finalmente gli spiriti degli alberi si rivelano – come donne «di una bellezza aliena» – le driadi gli chiedono di uccidere un vecchio ed i suoi due figli, che seguitano a tagliare alberi per odio, come lui stesso ha appena potuto vedere. Dal vecchio il protagonista apprende tuttavia che da secoli stanno combattendo una guerra con gli alberi, che hanno tolto e continuano a togliere il cibo ai contadini.
Alla fine scoppierà una zuffa tra i quattro: grazie all’intervento degli alberi, tre rimangono uccisi. Si salva solo il protagonista, che ha finalmente ritrovato la pace ricercata. Delicato e spietato. (7)
Bram Stoker – L’ospite di Dracula (Dracula’s Guest, 1927)
Un uomo vuole esplorare un viottolo in una zona sperduta di frontiera, sebbene sia la notte di S. Valpurga ed il suo cocchiere disapprovi. Viene colto dalla notte, da una tempesta di neve e dalla grandine, quando infine raggiunge i resti di un villaggio abbandonato, dove si dice che i morti siano tornati in vita: ormai vinto dal freddo e rassegnato, viene scaldato da un lupo apparso all’improvviso e portato in salvo da un gruppo di soldati messi in allarme dal suo albergatore, che aveva ricevuto un telegramma da Dracula che lo sollecitava a fare tutto il possibile per soccorrerlo. (7)
John Martin Leahy – Nella tenda di Amundsen (In Amundsen’s Tent, 1928)
Tre esploratori raggiungono il Polo Sud e scoprono il campo di Amundsen, abbandonato da almeno un anno: due di loro, entrati in una tenda, impazziscono alla vista del corpo di una cosa di un altro mondo, ma impediscono al terzo (il narratore) di entrare per vederlo a sua volta, evitandogli così di uscire di senno come loro.
Insieme provano ad uccidere la cosa, che però si sveglia, li insegue e li uccide uno ad uno.
Una spedizione successiva trova la testa del narratore ed il suo diario. (7/8)
H. P. Lovecraft – L’antica pista (The Ancient Track, 1930)
Poesia sulla pista che porta a Dunwich. (5)
Donald Wandrei – Gli uomini albero di M’bwa (The Tree-Men of M’bwa, 1932)
In Africa, un uomo con le gambe ridotte a moncherini racconta la propria storia ad un esploratore che, come lui, vuole raggiungere le Montagne della Luna: questi racconta di essere stato catturato da M’Bwa, una sorta di guardiano non morto di una creatura da un’altra dimensione, e trasformato in un uomo albero, ossia piantato nel terreno come un germoglio e fatto crescere come albero deforme. Soccorso dal suo compare, che per estirparlo ha dovuto segargli le gambe, si è salvato.
Ma, nonostante continui a tagliarle, dai moncherini ancora gli crescono le radici, che alla fine del racconto mostra all’esploratore. (7/8)
Otis Adelbert Kline – L’albero della forca (The Gallows Tree, 1932)
Poesia. (5)
Robert E. Howard – Il nero segugio della morte (Black Hound of Death, 1936)
Un uomo, abbandonato dal suo compare alle torture dei monaci mongoli, ritorna, tramutato in uomo lupo, per compiere vendetta: sulla strada incrocia il protagonista, che era sulle tracce di un omicida evaso. (6)
August Derleth – La casa dalle imposte chiuse (The Shuttered House, 1937)
Terrore puro: i fantasmi di una famiglia tornano per impossessarsi dei nuovi inquilini della loro casa. (7)
H. P. Lovecraft – Psychopompos (Psychopompos, 1937)
Poesia. La storia di due nobili capaci di trasformarsi (in lupo lui, in serpe lei), che tiranneggiano la famiglia del balivo ma restano uccisi. (5/6)
Seabury Quinn – La bella in ghiaccio (Frozen Beauty, 1938)
I due protagonisti si trovano coinvolti nell’omicidio di un esule russo, uno scienziato, ad opera di due agenti sovietici, già zaristi. Nella storia aiutano un amico del professore a riportare in vita la sua fidanzata, surgelata vent’anni prima, ai tempi della rivoluzione bolscevica. (5)
Robert E. Howard – Colonne d’incubo (Haunting Columns, 1938)
Poesia. (5)
H. P. Lovecraft – Oltre le mura del sonno (Beyond the Wall of Sleep, 1938)
Di notte, nel corpo di un ritardato prende vita una creatura di luce, tanto che al risveglio quegli impazzisce, a causa delle esperienze più vive e vere che ha vissuto nei sogni; ricoverato in manicomio, viene studiato ed esaminato dal protagonista, che ne racconta la storia. Alla morte del paziente, il narratore ha un incontro con la creatura, che lo porta ad affermare che nei sogni viviamo un’altra vita. (5)
Vincent Starrett – La canzone di Cordelia (Cordelia’s Song, 1938)
Poesia. (5)
Henry Kuttner – Elak di Atlantide (1938, 1941)
Non sono mai riuscito a digerire nulla di ciò che ha scritto Kuttner, da solo, con la moglie o in collaborazione con altri: le sue storie mi hanno sempre dato l’impressione di essere forzate, pesanti, nel tentativo di voler essere moderne o alla moda ad ogni costo e quindi prive di vera inventiva.
Anche questi quattro racconti mi hanno confermato nel mio giudizio: Elak è un personaggio inconsistente, il protagonista assente di una sword and sorcery slavata, approssimativa, che ha tutto il sapore del prodotto scadente assemblato in fretta e furia e quindi privo di qualsivoglia qualità. Elak stesso fatica a suscitare la simpatia del lettore: non solo non viene mai descritto fisicamente, a parte qualche accenno qua e là, ma appare anche piuttosto passivo di fronte agli eventi, che semplicemente accadono senza una loro logica ma solo perché così ha deciso l’autore. Invece di agire, Elak per lo più reagisce e poi si prende il merito immeritato del successo, quando invece sono i suoi compagni che faticano al posto suo, eliminano i nemici per conto suo e pure lo tirano costantemente fuori dai guai.
Da ultimo, l’ambientazione di queste storie è poco evocativa: le descrizioni sono succinte e spesso mancanti; elementi fondamentali per la trama escono all’improvviso, senza essere stati anticipati in qualche modo; i personaggi paiono marionette. Non si ha l’impressione di un mondo vivo (e nemmeno coerente, per quello) e si è ben lontani dalla forza ed incisività narrative di Howard: qui l’ambiente è un teatrino immobile in cui solo Elak ha un po’ più di libertà di movimento, mentre gli altri attori sono costretti a restare nei binari che sono imposti loro dall’autore. Come se tutto questo non bastasse, ad appesantire la lettura provvedono anche le frequenti sequenze oniriche o in altre dimensioni, che rallentano la narrazione senza aggiungere nulla: è vero che la parapsicologia era l’ultimo grido in fatto di narrativa fantastica ma, sinceramente, quando qualcosa è sgradevole lo rimane anche se viene dai pulp. (5)
– Tuono all’alba (Thunder in the Dawn, 1938) – Storia di pessima qualità: gli eventi sono slegati tra loro e sembrano accadere solo perché l’autore ha voluto così. Lo stesso protagonista è mal caratterizzato (o non lo è affatto), tanto che non ne viene data una descrizione fisica, a parte un generico «volto da lupo»: inoltre, i veri eroi sono i suoi compagni, dato che sono loro a tirarlo sempre fuori dai guai o a dirgli cosa fare; Elak è più passivo che attivo, e molto fortunato.
Qui l’eroe viene avvicinato da un druido per salvare il re del nord, che è anche suo fratello (del protagonista), dai vichinghi del mago Elf: Elak lo segue. Dopo combattimenti inutili, amanti gelosi, creature di altre dimensioni, sogni noiosissimi e poco altro ancora, Elak riesce nel proprio intento. Pesantissimo. (4)
– La stirpe di Dagon (Spawn of Dagon, 1938) – Storiella reminiscente dei racconti minori di Conan: Elak viene ingaggiato per uccidere un mago. Quando sta per riuscirci, arrivano i suoi arruolatori, delle creature marine malvagie (la stirpe di Dagon, appunto), che lo attaccano: salvato da un compagno, aiuta il mago di cui sopra a ripristinare una macchina che in precedenza aveva messo fuori uso, la quale elimina le creature. Poi Elak fugge, temendo la rappresaglia del mago.
Il racconto è di gran lunga migliore del precedente, non solo perché è più corto ma anche perché è più coerente. (6)
– Al di là della fenice (Beyond the Phoenix, 1938) – Elak non riesce ad impedire l’uccisione del re, che prima di spirare gli dà il compito di passare la Porta della Fenice, in fondo al fiume, dove finiscono tutti i re morti: qui deve risvegliare una divinità che potrà sconfiggere il dio malvagio che l’ha ucciso. Leggero, sul livello del racconto precedente. (6)
– La luna del drago (Dragon Moon, 1941) – Ancora una volta Elak deve tornare alla terra natia per fermare qualcosa di malvagio: questa volta perderà anche la corona. Come sempre, le situazioni si risolvono a suo favore grazie all’intervento di terzi, certo non per merito suo. (5)
G. G. Pendarves – Il monaco nero (The Black Monk, 1938)
Un giornalista prepara un servizio sui monaci di un’isola: poi, udita l’esistenza di un antico tesoro custodito da tempo immemorabile da un loro confratello, vuole indagare. Infine lo incontra, scambiandolo per uno dei monaci che conosce, ma nell’incontro perde la vista. (7)
Leah Bodine Drake – I lupi mannari (They Run Again, 1938)
Poesia. (4)
Lester Del Rey – La croce di fuoco (Cross of Fire, 1939)
Un uomo non ha più memoria di sé: non ricorda cos’abbia fatto negli ultimi anni, che diversi elementi dicono essere molti. Poi, pian piano, si rende conto di essere stato un vampiro e di essere stato liberato da questa condizione da un fulmine a forma di croce: tornato uomo, decide di uccidere la sorella ed il servo, pure vampiri, prima di togliersi la vita. (7)
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