Per quanto sia un ottimo scrittore già di suo, il nome di Jerry Pournelle è legato soprattutto alle grosse collaborazioni con Larry Niven, che è un autore ben più noto e quotato: così Pournelle finisce sempre per restare nell’ombra, quando non è addirittura del tutto dimenticato. Ma anche i libri che ha scritto per conto proprio sono ottimi, probabilmente perché vanno sempre a toccare quegli argomenti tanto cari alla fantascienza dei tempi migliori come la libertà, l’indipendenza, l’avventura, l’autoaffermazione e la centralità del singolo individuo di fronte a tutto, universo incluso. Da qui deriva l’idea cardine che il governo centrale è sempre un male: e quanto più è grande questo governo tanto maggiore è il male che può provocare, perché con la sua voracità opprime l’uomo libero e gli impone ciò di cui non ha bisogno, come tasse, norme, servizi sociali ed altre limitazioni alla sua indipendenza e autonomia, che invece sono lo stato naturale dell’individuo.
Un concentrato di questi temi appare anche in «Contrattacco su Marte» (Birth of Fire, 1976), che è un gioiello perché nella giusta lunghezza – meno di duecento pagine – racconta una storia avvincente, ricca di idee e capace di evocare uno scenario tanto creativo quanto credibile per il pianeta Marte, per non parlare del disprezzo che riversa su tutto ciò che è in odore di stato sociale.
Marte, il pianeta dal quale non si fa ritorno
Nel prossimo futuro dell’anno 2100 o giù di lì (la data precisa non viene mai detta ma ad un certo punto si parla dei discendenti dei primi coloni, arrivati tre o quattro generazioni prima: un secolo abbondante quindi) Marte è stato colonizzato e trasformato in una via di mezzo tra una terra di frontiera in stile Far West, una piantagione di cotone confederata ed una colonia penale secondo il modello australiano.
Ci sono cioè gli uomini liberi, per lo più i discendenti dei primi coloni, che hanno costruito le loro fattorie a tenuta stagna e si amministrano da sé, per lo più nel rispetto reciproco; poi i minatori e gli altri lavoratori impiegati dalle grandi aziende, che vivono nelle poche città sotterranee e sono sostanzialmente schiavi a contratto; ed infine i deportati, ossia i condannati della terra che per evitare ergastoli o lunghe condanne in prigione (la pena di morte è stata soppressa) accettano l’alternativa di un biglietto di sola andata per il pianeta rosso, e per lo più finiscono per accrescere le masse degli schiavi a contratto. E poi c’è anche il popolo delle università, le prime ad arrivare su Marte, che hanno creato una società classista in cui i baroni delle cattedre ereditarie dominano come aristocratici inglesi del Settecento su dipendenti (i camerieri) e lavoratori a contratto (i servi).
In tutto si tratta di alcune centinaia di migliaia di persone, di diverse origini, che qui hanno sviluppato nuovi costumi e nuove tradizioni, come ad esempio quelle delle università, dove l’istituzione della famiglia è stata praticamente soppressa in favore dell’amore libero.
Il pianeta tuttavia non è stato ancora terraformato: è ancora il Marte che tutti conosciamo, un mondo deserto ed ostile alla vita dove basta una disattenzione per morire di asfissia, congelamento, decompressione o una delle molte altre morti orribili. Un progetto – anzi, il Progetto – per renderlo simile alla terra esiste ma un po’ per i suoi costi; un po’ perché le grandi aziende, che hanno in mano il debole governo locale ed il poco più robusto governo terrestre, non hanno interesse in un’opera che costerebbe una fortuna; un po’ perché i baroni delle università storcono il naso e vogliono ancora studiare il pianeta così com’è; ed un po’ anche perché i soliti ambientalisti si oppongono alla terraformazione per non danneggiare l’ecosistema planetario; per una serie di ragioni insomma il Progetto non è ancora partito, e probabilmente non partirà mai.
Un’indipendenza conquistata con le armi
La storia segue Garrett Pittson, un giovane sbandato di Baltimora che rimane invischiato nella violenza delle bande giovanili e, catturato dalla polizia durante una battaglia con una banda rivale, riceve una condanna esemplare: venti anni di carcere (ci sono stati dei morti, anche tra gli agenti). Ma se accetta la deportazione su Marte la condanna viene estinta: superfluo dire cosa scelga.
Una volta su Marte, Garrett si mette in mostra durante il corso di orientamento e viene scelto come candidato «spintaneo» da quelli che sono i buoni della storia: gli Uomini di Marte, un fronte di ribelli che da tempo stanno preparando l’indipendenza del pianeta dall’oppressione della Federazione, il governo unico mondiale. Questa Federazione è in sostanza l’Onu che, con la scusa della minaccia della guerra atomica (ma potrebbe anche essere una malattia inesistente spacciata come mortale), ha finalmente gettato la maschera e preso in mano il potere: ed ora manifesta apertamente le sue tendenze totalitarie.
La storia è lineare e scorrevole e non merita di essere esplorata nel dettaglio: non perché sia cattiva ma perché le idee e le critiche sollevate da Pournelle sono molto più gustose della trama in sé.
Ad un certo punto, per una questione di tasse e norme (c’è persino la tassa sull’aria), la situazione tra la Federazione e gli Uomini di Marte si fa tesa: e quando i marines della Federazione – che sono ormai divenuti poco più di una masnada di briganti, viene fatto notare – distruggono una stazione o «fattoria» per rappresaglia, quella in cui Garrett era stato accolto, finalmente scoppia la guerra aperta, anche se i «Topi dell’Orlo», l’alleanza degli uomini liberi, non sono ancora pronti. Ma per fortuna la Federazione lo è ancora meno.
Ci sono diversi scontri e diverse azioni ma al lettore ne vengono presentate solo due, quelle di cui Garrett è protagonista: la prima è la conquista di una centrale atomica inespugnabile in seguito ad una marcia di una decina di giorni ritenuta impossibile, che però viene resa possibile dall’abilità di Garrett e da una logistica impeccabile; e la seconda è l’esplosione di una bomba atomica preparata in casa dalla sua fidanzata autodidatta (ancora una volta la scuola domestica batte la scuola pubblica) usata per risvegliare un vulcano dormiente e così mostrare alla terra che i ribelli non solo fanno sul serio ma hanno anche gli strumenti per rendersi pericolosi se la Federazione non riconosce loro l’indipendenza.
Con tattiche creative ed ingenue ma soprattutto con la motivazione di chi sa di combattere per il futuro proprio e della propria famiglia, gli Uomini di Marte compiono infatti azioni incredibili, come abbattere il satellite di sorveglianza della Federazione con un petardo ed una manciata di pietre e persino prendere il controllo dell’astronave terrestre che orbita sempre attorno al pianeta.
Il finale è ovviamente carico di speranza: proprio grazie all’esplosione della bomba, che viene annunciata con un lieve anticipo dai comandanti dei ribelli in modo tale che tutti sulla terra possano vederla (almeno tutti coloro che dispongono di un telescopio), Marte infine ottiene l’indipendenza. Non solo: con questa esplosione – la «nascita del fuoco» del titolo originale, con Pittson novello Prometeo – il Progetto è partito. Altre ne seguiranno per risvegliare i vulcani dormienti e così presto Marte diventerà un pianeta vivibile.
Sul quale Garrett, ormai diventato uomo a pieno titolo, sta impiantando la sua stazione, indipendente tra gli indipendenti.
La critica allo stato sociale
Se non si sapesse chi è l’autore, si potrebbe quasi sospettare che «Contrattacco su Marte» sia stato scritto da Heinlein, perché il romanzo ha tutto il tono ed il sapore dei suoi libri per la gioventù, e scorre altrettanto bene: la storia infatti è di quelle che seducono immediatamente, con un buon ritmo, un protagonista positivo e nell’insieme gradevole, un intreccio abbastanza elaborato ma senza esagerare ed una trama solida, il tutto insaporito dalla bile con cui l’autore delinea la propria visione del mondo.
Così, con una certa preveggenza, Pournelle già intuisce dove sarebbe andata a finire la terra meno di cinquant’anni più tardi: perciò pare quasi di leggere le cronache dei giorni nostri quando scrive che lo stato sociale della terra schiacciata dal giogo della Federazione «non consentiva scelte autonome» ma «si prendeva cura di te, sia che lo volessi o no»; o quando osserva che ormai tutto è in mano ad assistenti sociali che impongono la loro presenza «perfino nelle comuni in cui si riunivano quelli che dello Stato non volevano saperne, e li assistevano. Non ti lasciavano morire di fame, ma nemmeno ti lasciavano fare le cose di testa tua. Giustizia sociale, la chiamavano». Perciò, quando può far dire ad uno dei suoi personaggi positivi che «non c’è un solo assistente sociale su tutto il pianeta», la sua gioia è quasi tangibile.
E lo è ancora di più quando può toccare l’altro suo argomento prediletto: le tasse, ovvero l’estorsione di stato. «Quei bastardi della Federazione ci mangiano vivi, con le tasse», esclama un Uomo di Marte mentre un altro commenta che la tassa patrimoniale da poco introdotta «è una multa per chi migliora la sua proprietà» perché la vampirica Federazione – che «governa Marte secondo i desideri delle grandi società» – è così assetata di denaro che «vuole tassare anche le caverne in cui viviamo! Vuole imporci delle norme edilizie! Vuole mandare degli ispettori in casa nostra». E su tutti già dall’inizio pesa la tassa sull’aria che respirano.
In cambio però i buoni cittadini di Marte possono ricevere una serie di «vantaggi» che nessuno vuole e dei quali nessuno ha bisogno: tuttavia ci sono e «si devono ben pagare in qualche modo: la democrazia costa», commenta paternalisticamente l’avido governatore installato dalla Federazione che, col suo operato, causa infine la ribellione.
Ma non sono questi i valori su cui fanno affidamento gli Uomini di Marte, per i quali invece contano soprattutto la solidarietà, la lealtà, il sacrificio, il senso di appartenenza ad una comunità e, in definitiva, la parola data, che impegna più di un contratto: anzi, è proprio il valore dato alla propria parola ciò che distingue un Uomo di Marte – pratico, onesto, leale – da un uomo qualunque che pensa solo al tornaconto personale. Un personaggio dice infatti: «Questo concetto sulla Terra non è più di moda. Quassù, invece, o la parola di un uomo è buona, oppure non vale niente. Non ci sono vie di mezzo. Gli Uomini di Marte si fidano l’uno dell’altro. Dobbiamo essere sicuri che quando un uomo dà la sua parola non stia pensando invece a qualche modo per fregarci».
Una splendida ambientazione
Nonostante il tema, il libro non è perfetto, tutt’altro: è solo una buona lettura, uno svago, ed una miniera di idee. E anche qui brilla l’ambientazione, che è splendida: il libro infatti è uno dei pochi capaci di rendere con ricchezza evocativa le difficoltà di sopravvivenza dell’uomo su un pianeta sterile ed ostile alla vita, con l’assenza di aria ed acqua; il suolo deserto ricoperto di pietre, interrotto da crateri, bloccato da crepe e canali; la necessità di spostarsi solo con lenti mezzi cingolati dalla cabina pressurizzata che vanno ad energia solare e la notte sono costretti a fermarsi per riversare tutta l’energia risparmiata nel debole impianto di riscaldamento, sempre meglio però che essere colti dal buio senza un riparo, perché questo significherebbe essere condannati a morire per congelamento.
Le stazioni o fattorie scavate nella roccia dei crateri e ricoperte da cupole di vetro sotto le quali vengono fatte crescere le verdure; le difficoltà logistiche di spostarsi da un luogo all’altro; la solitudine di uno scenario dove non si sentono i suoni, dove la differenza tra luce e buio è così netta che basta mezzo metro per mescolarsi alle ombre e diventare invisibili; le relazioni tese tra le diverse entità della frontiera (stazioni e città, uomini liberi e schiavi della Federazione, con le grandi aziende pronte a schierarsi col più forte), tutto questo completa il quadro e contribuisce a creare l’atmosfera distintiva del libro, che alla fine ha la precedenza sulla storia: si legge perché la trama è avvincente, certo, ma anche perché l’asprezza di questo pianeta che l’umanità sta conquistando, metro dopo metro, esercita un fascino particolare.
Non sarà un libro originale ma è sicuramente un libro che merita di essere letto.