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Orson Scott Card – Il gioco di Ender

Con «Il gioco di Ender» di Orson Scott Card (Ender’s Game/The Forever Man, 1985) inauguro oggi la serie delle Pillole, brevi articoli che non sono proprio recensioni ma raccolgono i miei commenti su libri che non avrebbero mai ricevuto il trattamento completo su Libri Pulp.
Ampliamento di un racconto pubblicato nel 1977, «Il gioco di Ender» è un ottimo libro con un finale deludente: ciononostante, merita senz’altro di essere considerato uno dei classici della fantascienza perché racconta una bella storia, solida e ricca di idee, abbastanza cruda ma sostenuta sullo sfondo da una grande fiducia ed un pizzico di speranza nel genere umano.

Un generale di sei anni
Andrew Wiggin, che si fa chiamare Ender (da notare: in inglese «ender» è anche «colui che finisce»), ha sei anni ed è un «terzo», ossia un terzo nato in un mondo futuro dove le famiglie non possono avere più di due figli: tuttavia i suoi genitori hanno avuto il permesso di generare Ender perché i primi due, il fratello Peter e la sorella Valentine, di quattro e due anni più anziani, hanno dimostrato un enorme potenziale per ciò che la terra sta disperatamente cercando, ossia un condottiero militare imbattibile. Ma Peter è un pazzo assassino e Valentine troppo empatica, così non vanno bene: Ender, a sei anni, è invece perfetto per il ruolo perché non solo ha la mente e le capacità dei fratelli ma è anche la via di mezzo perfetta dei loro punti deboli. L’impressione però è che in tutti i fratelli debba esserci una parte di ingegneria genetica, perché pur così giovani sono tutti molto più intelligenti e adulti dei bambini della loro età: anzi, a voler ben vedere, a sei anni Ender (come i due fratelli, che però sono un po’ più anziani) è già un adulto nel modo di pensare e di comportarsi.
Ancora nelle prime pagine Ender viene dunque scelto per andare alla scuola di guerra anche se ha solo sei anni: le gerarchie militari infatti hanno messo gli occhi su di lui perché in lui credono di aver trovato il salvatore. Per prepararlo al ruolo che gli spetta, militari, medici e psicologi decidono di riservargli un addestramento speciale, che è mettergli sempre tutti contro in modo tale che sia sempre solo ed osteggiato e non riesca a legare con nessuno ma impari a contare solo su stesso e sulle proprie capacità.
Nonostante le difficoltà Ender cresce, supera ogni sfida e si fa apprezzare dai compagni e dagli insegnanti, che però per premio gli rendono sempre più difficile la vita: in breve diventa un genio tattico nei finti combattimenti tra gruppi di quaranta bambini che si combattono in assenza di gravità.
Finalmente, a dieci anni, viene promosso ufficiale e viene mandato alla parte finale del suo addestramento, dove interagisce con simulatori che, senza saperlo, gli permetteranno di guidare direttamente le flotte terrestri sfruttando il cosiddetto «effetto filottico» e la tecnologia dell’«ansible», la comunicazione istantanea da un capo all’altro dello spazio, che è il mezzo di comunicazione usato dagli Scorpioni, i nemici dell’umanità.

Una situazione disperata
Ottantant’anni prima infatti il sistema solare era stato aggredito da una razza di insettoidi, gli Scorpioni (Buggers in inglese), superiori in tutto agli umani, che però alla fine sono stati sconfitti con un po’ di fortuna: e sempre per fortuna anche la seconda invasione, avvenuta una trentina di anni più tardi, è stata bloccata. Da allora non si è più sentito parlare di loro ma i governi terrestri temono che da un giorno all’altro gli Scorpioni possano ripresentarsi alle porte del sistema solare: e per quel giorno dovremo essere pronti. O, meglio ancora, dobbiamo evitare che quel giorno si presenti portando la guerra direttamente a casa loro: da decenni infatti le navi terrestri sono segretamente in viaggio per raggiungere i sistemi abitati dagli Scorpioni.
Questi insettoidi sono non solo più avanzati ma anche molto più numerosi dei terrestri e in battaglia sono pure più efficienti perché sono sempre collegati tra loro mediante una sorta di telepatia: ogni creatura, si scopre, è un’estensione della mente della regina, che in sostanza controlla le azioni di ogni membro della sua razza.
Così quando, nella battaglia decisiva della seconda invasione, la nave dell’ammiraglio Mazer Rakham per un caso fortuito ha attaccato e distrutto l’ammiraglia della flotta attaccante ancora nelle prime fasi del combattimento, ogni attività nelle altre navi si è fermata all’improvviso. Un colpo di fortuna che ha salvato la terra: ma da quel giorno la terra vive nell’ansia di un’altra invasione e prepara il contrattacco.
È proprio questa la ragione dell’addestramento speciale riservato ad Ender e delle circostanze particolari per cui già a sei anni si trova arruolato.

Una battaglia decisiva
Dopo anni di viaggio nello spazio, le flotte terrestri hanno finalmente raggiunto i pianeti abitati dagli insettoni: così, all’improvviso e a loro insaputa, le sessioni di allenamento di Ender e dei suoi sottoposti – altri bambini prodigio della scuola di guerra con cui Ender aveva legato e ai quali assegna di volta in volta obiettivi e compiti specifici – non sono più semplici simulazioni al computer ma diventano autentiche battaglie che vengono gestite dal protagonista grazie alla comunicazione istantanea resa possibile dall’ansible.
Sempre tenuti all’oscuro della verità, Ender e compagni arrivano così alla battaglia decisiva, che viene presentata al protagonista come l’esame finale: nella tribuna alle spalle di Ender sono presenti politici e papaveri in quantità. Ed è anche una battaglia disperata, perché la misera ventina di navi terrestri deve affrontare decine di migliaia di navi nemiche, schierate attorno ad un pianeta da cui possono ricevere assistenza e rinforzi.
Ma Ender, che già da tempo aveva preso in odio i suoi insegnanti, decide di fare qualcosa per cui spera di essere finalmente cacciato dalla scuola: invece di ingaggiare battaglia come vorrebbero i suoi istruttori, guida la minuscola flotta terrestre contro il blocco della flotta nemica, per forzarlo e così portare le navi superstiti a distanza utile per usare una certa superarma capace di distruggere il pianeta.
Così gli Scorpioni vengono sterminati, tra pianti e grida di gioia del pubblico presente.
Solo a quel punto gli viene finalmente rivelata la verità ed Ender, che ha un po’ dell’empatia della sorella, ci rimane male, perché si sente colpevole di aver sterminato un’intera razza. Che però ci voleva morti.

Un finale deludente
Divenuto un eroe – per contendersi il quale il giorno stesso della vittoria scoppia persino una guerra tra americani e russi – Ender fugge infine con i coloni su uno dei nuovi pianeti che un tempo appartenevano agli Scorpioni: morte le regine, che si erano riunite sul pianeta natale distrutto, i sudditi non sono stati in grado di sopravvivere e si sono estinti rapidamente.
Ormai adulto, in un’esplorazione scova un’enorme scultura che, per riferimenti interni al testo, è chiaramente destinata a lui: nel sonno infatti gli alieni riuscivano ad entrare nei suoi sogni e così avevano capito che Ender li avrebbe sterminati. Perciò hanno avuto il tempo di costruire questa scultura per attirare la sua attenzione, nella quale rinviene un messaggio telepatico e l’uovo di una regina: nel messaggio spiegano che, compreso l’errore compiuto nell’attaccare la terra la seconda volta (non credevano potesse esistere una razza razionale i cui membri non siano collegati tra loro), non avevano più intenzione di invadere il sistema solare perché sono una razza pacifica eccetera ma non sapevano come mettersi in contatto con l’umanità per spiegarlo, perché non hanno un linguaggio ma solo la telepatia.
Ender, addolorato per quello che ha fatto, prende l’uovo e rende nota all’umanità la vera storia degli Scorpioni presentandola come un romanzo: poi lascia il pianeta e porta con sé l’uovo, alla ricerca di un mondo dove farlo schiudere.

Un commento al volo
Senza questo finale stucchevole il libro sarebbe migliore: il tentativo di chiudere la storia con un qualcosa di positivo a tutti i costi ha invece lo stesso effetto dell’irenismo galattico della «Civiltà degli Eccelsi» di Silverberg, che pure spunta nelle ultime righe e non fa altro che rovinare un buon libro.
Senza questo finale stucchevole però sarebbero anche mancati i diciotto (18!!!) seguiti già pubblicati, quindi dal punto di vista commerciale è un’aggiunta più che necessaria.
Per quanto buono e godibile, il libro inizia a scadere dal momento in cui Ender lascia la scuola militare e passa alla scuola ufficiali: e per quanto utili a inquadrare alcuni eventi, i due capitoli in cui il protagonista non è Ender ma la sorella Valentine sono fuori luogo, pesanti e inutili.

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