Classico ponte tra ciò che viene prima e ciò che verrà poi, «Black Legion of Callisto» (1972), secondo volume della serie di Jandar of Callisto di Lin Carter, inizia dal punto in cui si era concluso l’episodio precedente e si svolge interamente all’interno di Shondakor, la Città d’Oro della luna gioviana che nella lingua locale si chiama Thanator. La storia non è altro che un riempitivo, perché alla fine del libro la situazione è sostanzialmente la stessa dell’inizio, solo che questa volta Darloona, la principessa di cui il protagonista è invaghito, non è più prigioniera della Legione Nera nella sua stessa città ma è tornata ad essere prigioniera del bel principe Thuton a Zanadar, la città dei pirati dell’aria, dal quale suo malgrado era già stata liberata ad opera del protagonista nel volume precedente.
Ma mentre prima disprezzava Jandar, adesso è lei stessa a sollecitare la sua liberazione da parte dell’eroe.
Una trama blindatissima
Pubblicato nel 1972, appena pochi mesi dopo l’uscita del primo libro della serie (al quale rimando per i dettagli sull’ambientazione), «Black Legion of Callisto» è il secondo episodio di una serie di otto volumi ambientata appunto su Callisto, una luna di Giove: come tradisce il titolo, qui l’eroe affronta la portentosa Legione Nera – o «Chac Yuul» nella lingua locale – che mesi prima si era impadronita di Shondakor, la splendida Città d’Oro dei Ku Thad, di cui Darloona sarebbe la legittima sovrana. Gran parte della storia però è solo un riempitivo che si trascina faticosamente fino agli ultimi capitoli, quando all’improvviso esplodono gli eventi che rendono necessario il balzo al volume successivo, quello che completa la trilogia essenziale del ciclo.
Questo è infatti l’episodio più debole della serie: presenta tutti i difetti tipici di Carter già notati nel precedente – in particolare lo stile da «fan fiction» di cui è stato spesso accusato – ma senza offrire in cambio nulla di ciò che aveva reso così avvincente il precedente, e che renderà almeno gradevoli i successivi.
Tanto per cominciare, la trama è blindatissima: non c’è una sola occasione in cui l’esito di un qualche evento anche marginale sia messo in dubbio. E questa garanzia di successo pesa sulla storia, perché di conseguenza tutto diventa prevedibile e costringe l’autore a premere sul suo protagonista per farlo comunque brillare in ogni situazione: così Jandar non si trova mai davvero in difficoltà, tanto alla peggio interviene qualche fattore esterno a toglierlo dai guai, o ad offrirgli l’opportunità di cui aveva giusto bisogno per farlo da sé.
Queste forzature finiscono quindi per appiattire la trama e costringono Carter ad osare sempre di più per riempire gli spazi vuoti e procedere verso il finale: così i primi tre quarti del libro sono saturi di scene superflue tirate per le lunghe, spesso pescate dal repertorio del grottesco, come l’odio adolescenziale del principe Vaspian per il padre Arkola, capo della Legione; o l’abbondare dei passaggi segreti (ce n’è sempre uno per ogni necessità); o le identità segrete che spuntano come funghi e vengono rivelate con finti colpi di scena, come se non fossero già state telegrafate molti capitoli prima; e l’immancabile minaccia dei giochi gladiatori, che mi ricordano sempre l’avventura tipica di un vecchio amico col pallino della masterizzazione, che riduceva ogni sessione di AD&D ad interminabili e superflui combattimenti nelle arene.
Così interi capitoli sono dedicati al nulla, per lo più gli struggimenti d’amore di Jandar che, ancora una volta, è l’uomo più fortunato dei due mondi, perché entrambi i concorrenti più accreditati al cuore di Darloona gli sgomberano presto la strada: di conseguenza, invece di essere un’avventura carica d’azione come ci si aspetterebbe il libro si riduce rapidamente ad una storia di baci da primo Ottocento.
Altri problemi minori riguardano poi l’ambientazione poco attraente (a differenza dei luoghi esotici del primo volume, Shondakor è la classica città antica e maestosa del repertorio fantastico, ma senza qualità distintive: e se ne vede pure gran poco, per lo più i passaggi segreti), la finta ingenuità del protagonista (che imita la stessa fastidiosa caratterista di John Carter di Marte), la difficoltà dell’autore a tenere conto del tempo (dai resoconti sembra che siano passate poche settimane dall’arrivo di Jandar su Thanator ma in realtà devono essere trascorsi parecchi mesi, forse anche un anno) ed altre faccenduole simili, che non hanno un’autentica ricaduta sulla storia in sé ma contribuiscono a formare l’impressione generale di una certa sciatteria.
Ciononostante, quando l’azione esplode e Carter decide di portare avanti la storia, la narrazione diventa serrata e coinvolgente: le scene del salvataggio nella ex sala del trono e della battaglia finale con ben tre eserciti coinvolti, incluso il bombardamento aereo da parte delle navi volanti dei pirati zanadariani, sono descritte con tale vivacità da tenere avvinto il lettore, proprio come le pagine migliori del precedente volume.
Il guaio è che non c’è abbastanza materiale per riempire il resto del volume e così Carter deve tirare per le lunghe quello che ha: «Black Legion of Callisto» è infatti un libro che ha poco da dire ma lo dice con molte parole.
Nuovi personaggi e luoghi nuovi
Prima di passare al riassunto della trama, richiamo qui l’attenzione sui nuovi personaggi e gli altri elementi di interesse, almeno i principali, per non doverlo fare più avanti.
Sono due gli alleati di Jandar di cui prendere nota in questa avventura, e di uno basta giusto il nome: è Lord Yarrak, zio di Darloona, che ha preso in mano gli esuli Ku Thad dopo la scomparsa della nipote, che sarebbe la legittima sovrana di Shondakor. Questi è anche il padre del principe Valkar, promesso sposo di Darloona (che però non ama; e lei non ama lui), che qui diventa il grande amico di Jandar: durante l’attacco della Legione Nera alla città Valkar era rimasto ferito e dato per morto dal padre. Ma in realtà era stato soccorso da un gruppo di cittadini fedeli e, una volta ristabilitosi, si è finto originario di un’altra nazione per arruolarsi nella Legione e così attendere l’occasione propizia per liberare la principessa: la sua abilità con le armi gli è valsa una rapida carriera nei ranghi della banda e, all’arrivo di Jandar, è già komor o capitano della terza compagnia. L’equivoco sull’identità durerà a lungo e verrà risolto prima alla Benny Hill, poi con una dichiarazione ufficiale ed infine con un quasi dramma evitato per un soffio.
Riappare anche Darloona, ma solo di sfuggita e mai assieme a Jandar: eppure per effetto un po’ del tempo, un po’ della lontananza ed un po’ della necessità, in questo volume la principessa ha cambiato completamente il suo atteggiamento verso l’eroe. Liberata infatti dalla stretta della Legione per essere rapita subito dopo dal principe Thuton di Zanadar, una vecchia conoscenza, nelle ultime righe del libro Darloona chiede aiuto al protagonista rivolgendosi a lui con frasi come «mio amato» e «ti amerò per tutta la vita»: davvero un bel cambiamento per una che, l’ultima volta che si era vista, trasudava odio e derisione per quello stesso eroe.
Si passa così ai cattivi, che sono più numerosi: primo tra tutti, il principe Vaspian, vero antagonista della storia. Figlio di Arkola, capo della Legione Nera, Vaspian non è – come si potrebbe credere visti i natali – un uomo d’armi e nemmeno un combattente ma un molle aristocratico amante del lusso e della bella vita: come abbia potuto crescere in questo modo non si sa, dal momento che la Legione è una compagnia di ventura nomade e l’ometto è l’erede del vigoroso e rispettatissimo padre. Vaspian vuole Darloona per sé e ha barattato il suo voto decisivo nel consiglio della Legione in cambio della mano della principessa: se lei acconsente a sposarlo, terrà a freno le intemperanze dei suoi brutali guerrieri sulla popolazione; ma se lei dovesse rifiutarlo o fuggire, Vaspian cambierà il voto e starà dalla parte di coloro che vogliono spremere Shondakor e farne un esempio. È facile immaginare cosa invece accadrà.
Il secondo cattivo è anche la più grande delusione di questi primi due volumi: Arkola, comandante della Legione Nera e – ahilui – padre di Vaspian. Presentato sin dal precedente volume come un guerriero temibile e capace, di grande esperienza e autorevolezza, minaccioso d’aspetto e abile stratega, Arkola fa quella che in gergo si chiama «una figura da cioccolataio»: nella confusione che accompagna la liberazione di Darloona rimane infatti schiacciato dall’enorme statua di un demone mentre dà ordini alle confuse guardie, e senza aver mai nemmeno incrociato la spada col protagonista né avuto una scena assieme a Jandar. Con lui scompare anche la Legione, sconfitta nella triplice battaglia finale, i superstiti ridotti a bande di briganti presto eliminate.
Il più pericoloso di tutti è però Ool il Misterioso, del quale si era già parlato nel primo volume come l’unico sacerdote di Thanator: ma qui viene detto che in realtà è uno stregone, non un prete, e che semmai venera la statua di un demone, l’orribile Hoom. Il segreto del potere e dell’influenza di Ool, che occupa un ruolo di prestigio nella Legione Nera, viene rivelato a Jandar dallo stesso stregone: è uno dei pochi «maghi della mente» (Mind Wizards) di Kuur, una remotissima regione di Thanator, che hanno deciso di conquistare il pianeta nella maniera più facile, ossia mettendo tutti contro tutti e poi cogliendo i frutti della distruzione totale. La conquista di Shondakor da parte della Legione Nera ed il suo inimicarsi i pirati dell’aria di Zanadar fanno parte del loro oscuro disegno. Qui Ool entra in scena solo per due ragioni: prima, rivelare l’esistenza dei maghi della mente (che verranno debellati molto più in là nella serie); e, seconda, farsi uccidere da Jandar.
Già che siamo in tema, la Legione Nera o Chac Yuul viene descritta in termini tutto sommato positivi: una via di mezzo tra un’orda di banditi nomadi sul modello dei cosacchi ed una compagnia di ventura simile alle bande dei condottieri rinascimentali, che a volte si limita a razziare il territorio per i fatti propri ed altre accetta di combattere per questa o quella città. Conta sui diecimila armati, tutti ben addestrati e soggetti ad una rigorosa disciplina: Jandar stesso rimane impressionato dalla loro preparazione.
Ma non è in virtù di questa che hanno conquistato Shondakor: grazie alle abilità di lettura della mente di Ool, la Legione ha scoperto e sfruttato un passaggio segreto sotto le mura cittadine ignoto a tutti per introdursi nella città ed espugnarla quasi senza combattere. Valutata la grande disparità delle forze (i guerrieri Ku Thad sono solo tremila) Lord Yarrak ha quindi deciso di abbandonare la città con l’esercito ed alcuni nobili, lasciando a se stessi i cittadini, che sinora però non hanno sofferto troppo sotto il giogo dell’occupazione, grazie come visto al voto decisivo di Vaspian: la vita normale prosegue e ai guerrieri della Legione è stata sinora proibita ogni violenza, abuso e intemperanza tipica del vincitore sul vinto.
Questo è un lavoro per…Jandar!
Trascorso del tempo nella foresta Kumala con Lord Yarrak e gli altri esuli Ku Thad, che aveva incontrato alla fine del volume precedente, Jandar si infiltra infine nella città di Shondakor per liberare Darloona, fingendosi un mercenario in cerca di impiego: alle porte si mette anche subito in evidenza per il modo in cui stende un certo Bluto, un bulletto in cerca di preda. Così si fa notare da un certo Valkar, capitano della terza compagnia, che come Jandar non è chi dice di essere: in realtà è il figlio di Yarrak ed il promesso sposo di Darloona, che pure vuole liberare; ma tutto questo si apprenderà solo più avanti. I due stringono subito amicizia, che non si spezza nemmeno quando l’azzimato principe Vaspian, figlio di Arkola, il capo della Legione Nera, prende Jandar come guardia del corpo: Vaspian infatti non si fida di nessuno ed al contrario è convinto che tutti vogliano ucciderlo. Ha quindi scelto Jandar, arrivato in città da poco, perché stima che non dovrebbe avere ancora stretto alleanze con nessuno dei suoi nemici.
Nelle settimane che trascorre a palazzo al suo servizio, il protagonista fa numerose scoperte: prima tra tutte, che nessuno considera Vaspian degno di rispetto, e quel poco che riceve è solo per via del padre. Che però Vaspian odia: ma anche in questo caso molto più avanti si scoprirà che l’odio e le incomprensioni sono instillate nelle menti dal manipolatorio Ool il Misterioso, che fa parte del consiglio della Legione. Questi è uno stregone originario di Kuur, una regione remota di Thanator dove si è stabilito un gruppo di maghi (i Mind Wizards of Kuur, appunto) capaci non solo di leggere le menti con facilità ma anche di impiantarvi pensieri ed emozioni.
Dal momento che la loro conventicola si sta estinguendo, i maghi di Kuur hanno deciso di conquistare tutta Thanator per trarne nuova linfa: ed il loro piano è di provocare la guerra totale tra i potentati perché si annientino vicendevolmente. Così sono state le manovre di Ool a permettere alla Legione di entrare di soppiatto a Shondakor, perché Ool aveva appreso dell’esistenza di un passaggio segreto – ignoto persino ai criminali della città – leggendo la mente di un prigioniero e aveva passato la notizia ad Arkola: in questo modo è riuscito non solo ad aizzare gli uni contro gli altri i Ku Thad e la Legione ma anche ad includere nello scontro i pirati dell’aria di Zanadar, perché il loro principe Thuton esige di ricevere o Darloona o un buon riscatto.
Mentre svolge i suoi servizi per Vaspian, Jandar apprende anche dell’esistenza dell’ennesima rete di passaggi segreti che attraversa il palazzo di Shondakor, identica nel principio a quella di Zanadar; e a più riprese scopre anche la vera identità di Valkar ed il suo piano per liberare Darloona prima delle nozze. Perché la principessa ha dovuto acconsentire a sposare Vaspian: se non lo facesse, Vaspian – che in consiglio detiene il voto decisivo – voterebbe a favore di un’occupazione violenta e sanguinosa della città, invece di quella tutto sommato lieve alla quale i cittadini sono ora soggetti. E dato che il suo dovere di sovrana di Shondakor è proteggere i suoi sudditi, ha dovuto tapparsi il naso e acconsentire al matrimonio.
Jandar e Valkar sono decisi a fare qualcosa il giorno delle nozze: ma proprio nel momento in cui Jandar sta uscendo dal palazzo per incontrarsi con il principe incrocia un gruppo di legionari che trascinano due prigionieri, nei quali riconosce Lukor e Koja, i suoi migliori amici del precedente volume, catturati nei bassifondi della città e destinati al macello nei giochi dell’immancabile arena con cui verrà festeggiato il matrimonio. Su due piedi Jandar decide di mollare tutto per salvare gli alleati, che si erano intrufolati in città proprio per recargli un messaggio: così regola prima un conto in sospeso con Bluto, che quel giorno è di guardia alla prigione, poi si sorbisce tutta la confessione di Ool, che come da manuale gli rivela la sua vera identità ed i suoi fini reali, perché tanto Jandar sta per morire. Ma in realtà a morire è lo stregone: perché pur imbattibile in combattimento (legge la mente di Jandar e quindi sa in anticipo dove andrà a colpire la sua spada) inciampa nel cadavere di Bluto il bruto e cadendo si spacca la testa.
A questo punto Jandar spoglia Ool, si travisa coi suoi abiti e prende il posto del mago, che avrebbe dovuto celebrare il matrimonio in quel preciso momento: ma quando finalmente arriva nella sala del trono scoppia il caos, perché anche Valkar ha scelto quel momento per rivelarsi e lanciarsi contro il finto stregone. Nelle scene che seguono, i due si riconoscono all’ultimo momento; Vaspian prima fugge poi ricompare, solo per farsi uccidere da Jandar; Arkola muore schiacciato dall’enorme statua di pietra di Hoom, il demone venerato da Ool, che nonostante il peso viene spinta dai protagonisti giù per una scalinata. E in quella spuntano anche i guerrieri Ku Thad, allertati da un messaggio segreto di Jandar: entrano in città attraverso lo stesso passaggio segreto usato in precedenza dalla Legione Nera, che dopo averlo usato per il suo colpo di mano non lo ha più né sigillato né tenuto sorvegliato.
Adesso per le strade infuria la stessa battaglia che mesi prima Yarrak aveva stimato di non poter vincere – e per questa ragione aveva invece deciso di rifugiarsi nella foresta – ma con una variante imprevista: in cielo compaiono anche le navi dei pirati dell’aria del principe Thuton, deciso a mettere le mani o su Darloona o sul denaro. Intanto dall’alto piovono bombe incendiarie sulla città.
Alla fine, distrutta la Legione Nera ed i suoi capi, Shondakor è liberata, con pochi danni perché le fiamme non hanno danneggiato poi troppo gli splendidi palazzi di pietra: tuttavia Jandar ha perso il suo tesoro, perché Thuton si è ripreso Darloona. Così siamo tornati quasi al punto di partenza, quando la principessa era caduta appunto nelle mani del sovrano di Zanadar: e, chi l’avrebbe mai detto, il prossimo volume della serie è intitolato proprio «Sky Pirates of Callisto» (la recensione si trova qui).
Un libro che ha poco da dire ma lo dice con molte parole
Anche se non è un libro che lascia il segno, «Black Legion of Callisto» assolve bene le sue tre funzioni principali: portare avanti la storia, fare da collante tra il primo ed il terzo volume, e ampliare leggermente la conoscenza di Thanator. Ma questo si è già detto nella prima parte della recensione.
A questo punto rimane solo un ultimo aspetto di cui parlare: l’ironia, una caratteristica del precedente episodio (si ricorderanno la fantozzata del perizoma tagliato e i continui passi falsi di Jandar con Darloona) che purtroppo in questo primo seguito si è persa completamente. Tuttavia c’è un unico timido tentativo di rispolverarla quando Jandar, nell’entrare a Shondakor a cavallo (quella specie di struzzo assassino che su Thanator passa per cavallo), dice che «non potevo fare a meno di sentirmi come un eroe di un libro di sword and sorcery. Sono certo di aver raddrizzato la schiena, gonfiato le spalle e appoggiato la mano sull’elsa della spada con atteggiamento spavaldo», che infatti subito gli vale l’attenzione di Bluto ed il duello da cui poi derivano tutte le sue avventure cittadine. Una sorta di abbattimento della quarta parete con tanto di occhiolino al lettore, che già si è identificato con l’eroe.
Però, tolta questa noterella divertente, «Black Legion of Callisto» rimane quello che è: un libro che ha poco da dire ma lo dice con molte parole.
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