C’è uno strano legame che unisce la fantascienza e la religione: in un certo modo infatti la fantascienza è lo strumento di comunicazione ideale per far passare storie che ruotano attorno a questioni di fede, probabilmente perché permette di allontanarsi dal mondo reale quel tanto che basta per ragionare sull’argomento da un lato senza cadere nelle trappole dell’estremismo e dell’ateismo – i due estremi – dall’altro senza chiudersi in una cassa di risonanza che parla solo a chi condivide le idee presentate nell’opera.
Un buon esempio di questa «versatilità religiosa» della fantascienza si può trovare nell’ottimo libro «Alieno in croce» di Raymond F. Jones e Lester Del Rey (Weeping May Tarry, 1978), che già dal titolo italiano rivela il cuore della trama: perché alla fine dimostra che il messaggio cristiano è realmente universale e parla persino ad una civiltà aliena soffocata dalla versione locale di una Chiesa che è solo forma e precetti ma manca della fede. Che invece si accende (alla protestante) con fervore negli alieni in seguito alla scoperta del Vangelo e del crocefisso tra le rovine di una chiesa, senza alcuna mediazione umana, dato che quando la loro nave fa naufragio sulla terra l’umanità si è già annientata da sé da parecchi secoli.
La fede tutta apparenza che unisce
Il pianeta Alcor è abitato da una razza progredita di rettili umanoidi che praticano i viaggi spaziali già da tempo: tolte le squame, sono identici a noi, anche nel modo di pensare. Da un millennio Alcor non conosce guerre perché è stato unificato o almeno rappacificato dal Keelong, la versione locale della Chiesa, una religione dispotica che attribuisce un potere illimitato ai suoi sacerdoti, gli Ama, che possono decidere la vita, la morte e tutto ciò che sta in mezzo dei singoli alcoriani, basta che sospettino l’eresia in qualsiasi sua forma, anche solo il dissenso o l’incredulità. Non sorprenderà quindi l’esistenza di una sorta di movimento ribelle che opera di nascosto.
La Prohorus, un’astronave esplorativa di questo popolo, si prepara a decollare per raccogliere informazioni su un conflitto galattico avvenuto diverse generazioni prima ad anni luce di distanza: Alcor non è stato coinvolto direttamente nei combattimenti ma ha ne risentito comunque, dal momento che le radiazioni emesse dalle armi portentose utilizzate dalle fazioni in guerra per distruggersi vicendevolmente hanno raggiunto anche Alcor e causato gravi danni genetici alla popolazione, che solo da poco ha iniziato a riprendersi
Per legge ogni astronave deve imbarcare anche un Ama: e quello che partirà con la spedizione, un certo Toreg, è uno dei più intransigenti. La sua fama lo precede: il comandante della spedizione, l’ateo Cromar, già sa che a bordo non mancheranno i problemi. I due infatti si conoscono dai tempi della scuola e non sono mai andati d’accordo.
Già all’indomani della partenza si verificano alcuni piccoli incidenti – come graffiti e piccoli vandalismi sui simboli sacri compiuti dai ribelli infiltratisi tra l’equipaggio – che Toreg punisce severamente: anche troppo, perché a lungo andare provoca il crollo psicologico di un pilota che, manipolato dai ribelli a bordo, sabota tutti gli strumenti di controllo e navigazione della nave, che è costretta a fare naufragio su un pianeta appena scoperto, distante dal piano di volo originale.
Una tappa imprevista: la terra
Anche questo pianeta è stato devastato dalla guerra secoli prima, anche se l’evidenza raccolta suggerisce che non è stato coinvolto nel conflitto galattico sul quale la spedizione doveva indagare bensì si è ucciso con le proprie mani: si pensa sia stata una bomba al deuterio che ha causato un’esplosione a catena sull’intero pianeta, ora disabitato. Tuttavia la natura si è ripresa ed è rigogliosa e così i naufraghi alcoriani hanno aria (sia pure più fredda, umida e meno ossigenata di quella cui sono abituati) e piante locali da raccogliere, studiare ed eventualmente sfruttare come fonte di cibo. Ben presto il lettore comprende che questo pianeta è la terra.
Gli alcoriani riescono ad atterrare vicino ai resti di una cittadina ai piedi di una catena montuosa: e negli scavi – mentre l’equipaggio fa il possibile per riparare la nave ma senza troppe speranze – il contingente scientifico della Prohorsus riporta alla luce i resti di una chiesa che, fraintendendo gli ultimi minuti della terra, ritiene essere una «casa della guerra» adibita alla propaganda e al reclutamento.
La figura inchiodata alla croce viene considerata la prova definitiva: dimostrerebbe il trattamento disumano riservato ai prigionieri dalla fazione nemica.
Inizia la conversione
Entrambi i ritrovamenti sono merito di Toreg, che dopo il naufragio cerca di essere utile agli archeologi: è lui a trovare la chiesa e a rinvenire lo splendido crocefisso alto quanto un uomo, caduto dalla parete e poi ricoperto dai detriti del presbiterio. Poco dopo viene trovata e aperta una cassetta che era stata riposta nella pisside, al cui interno si trova l’evangeliario, ancora in ottime condizioni, di cui ovviamente gli alieni ignorano contenuti e funzione: tuttavia è una scoperta straordinaria, perché permette ai loro computer di elaborare un traduttore per comprendere quello che è scritto nel libro.
Ma le macchine non fanno progressi e così è ancora una volta Toreg a trovare la chiave che permette ai programmi di decifrare il testo, poche pagine al giorno: l’Ama nota semplicemente la somiglianza tra il «Gesù» scritto nel titolo della croce ed il suo nome riportato nei Vangeli. E presto la cinquantina di membri che formano il corpo scientifico della nave prendono l’abitudine di ritrovarsi ogni sera nella chiesa per ascoltare la lettura delle nuove pagine tradotte quel giorno: cominciano proprio col Vangelo di Matteo.
Nonostante le sue scoperte, Toreg diviene ogni giorno sempre più inquieto ed inizia ad odiare la figura sul crocefisso e quella storia che viene letta ogni sera: avverte un senso di minaccia crescente e comincia a considerare la croce come «il simbolo crudele di un mondo crudele fatto di odio, cattiveria, morte».
Così decide di distruggere il crocefisso: ma il primo tentativo, col fuoco, fallisce. Scoperto con le mani nel sacco, Toreg, che sulla terra ha perso molto del suo potere, viene confinato nel suo alloggio a bordo dell’astronave. Ma non si perde d’animo e studia una nuova impresa, questa volta definitiva: attenderà una bufera di neve (l’inverno è ormai iniziato e tutti gli alieni soffrono per le basse temperature) per introdursi non visto nella chiesa, prendere la croce e gettarla in una certa valletta lontano dagli occhi di tutti.
L’odio di Toreg per il crocefisso si spiega in molti modi: prima di tutto sta allontanando tutti i naufraghi dal Keelong ed è quindi un concorrente per la sua religione. In secondo luogo si sente lui stesso in pericolo, perché sta facendo venire a galla tutti i suoi dubbi, anche sulla fede, che in realtà non è mai stata così forte né accesa come vorrebbe far credere.
Arriva la conversione
Finalmente arriva la neve e con essa l’occasione che Toreg attendeva per mettere in pratica il suo piano: quella notte riesce anche ad impadronirsi della traduzione del libro, che pure vuole far sparire. Ma mentre si trascina la croce in spalla su per la collina al di là della quale vuole farla precipitare, la tempesta di neve si fa troppo forte e, ormai esausto, è perciò costretto a cercare riparo in una caverna, dentro la quale rimane tre giorni: e in quei tre giorni (che rammentano ben altro triduo) avviene il miracolo, perché Toreg, delirante per la fatica, la carenza di ossigeno e probabilmente anche un principio di raffreddore, finalmente comprende il senso della croce, quando viene colpito dall’espressione di trionfo – e non di sofferenza – dell’uomo che vi è inchiodato e si pente di quello che stava cercando di fare. Prova quindi ad estrarre i chiodi dalle mani della statua ma senza riuscirci, poi si toglie il giaccone per scaldare quella figura, divide persino il suo poco cibo con essa, ed intanto le parla, mettendo assieme i frammenti di Vangelo che aveva udito nelle letture serali.
Così Toreg si rende conto che il messaggio di Gesù è universale, rivolto anche agli alcoriani (l’esca viene dal Vangelo di Giovanni: «Ho altre pecore che non sono di quest’ovile»), ed in quella si converte, perché nel messaggio evangelico ha finalmente trovato quella fede che aveva cercato invano per tutta la vita: «Permettici di essere il tuo nuovo gregge», esclama alla fine.
Così tre giorni dopo esce dalla grotta ormai ricoperta dalla neve e torna alla vita, riportandosi dietro la croce, che adesso è deciso non solo a salvare ma addirittura a portare con sé su Alcor, se il ritorno a casa sarà mai possibile: ma deve fare presto, perché gli archeologi stanno smontando il campo a causa dell’inverno. Finisce così per inciampare e precipitare nel vuoto, ma per sua fortuna viene soccorso e riportato alla nave, che sta per decollare: contro ogni aspettativa infatti, all’improvviso un paio di giorni prima i tecnici alcoriani sono riusciti a ripararla. E nella grotta Toreg aveva chiesto alla figura sulla croce di intercedere presso il padre per permettere alla nave di ripartire.
Ma nella caduta Toreg è rimasto ferito gravemente: prima di morire fa in tempo a farsi portare la croce nell’infermeria di bordo e, mentre la nave sta per decollare, a parlare con Cromar, col quale finalmente trova l’intesa. In quei pochi momenti lo stesso comandante della spedizione si sorprende del cambio avvenuto nell’Ama e si rende conto che in quei tre giorni nella caverna deve essere successo qualcosa che ha dato a Toreg la fede che non aveva mai avuto: e poi, guardando il crocefisso (l’alieno in croce del titolo italiano, dal suo punto di vista), bagnato dalla luce delle stelle che filtra dagli oblò, lui stesso trova la fede che non aveva mai avuto.
E dal contesto si comprende che ad Alcor la nuova religione attecchirà.
Una storia che non vuole fare apologia
Nonostante il tema, il libro è molto scorrevole: va da sé che le parti collegate alla dottrina cristiana sono cruciali per la trama ma in verità sono poche e scritte in maniera così semplice che risultano chiare anche a chi non ha dimestichezza con la religione, o vuole tenersene alla larga. La storia infatti non ha alcun intento apologetico, anche se necessariamente nel finale lo diventa, perché sostiene l’universalità del messaggio evangelico, che gli alieni evidentemente sono più pronti a recepire degli uomini (che infatti si sono sterminati da soli sebbene fossero i destinatari originali del messaggio), forse perché da secoli la loro società vive di precetti ma non conosce la fede.
Entrambi i personaggi principali sono ben tratteggiati anche se rimangono bidimensionali: Cromar, il capo spedizione, è senza dubbio quello con cui riesce più facile entrare in sintonia ed è chiaramente il personaggio positivo della storia; Toreg invece diventa un personaggio positivo solo nel finale, quando abbandona la sua boria di Ama e fa proprio il messaggio evangelico: ma proprio per questa maturazione, che avviene in fasi progressive sino all’accelerazione degli ultimi capitoli, è anche il personaggio più ricco e complesso tra i due.
Nell’insieme «Alieno in croce» conferma che la fantascienza è un genere ideale per parlare di religione senza cadere nelle trappole degli estremi, come si è già visto con «L’undicesimo comandamento» sempre di Del Rey (del quale ho scritto una Pillola a inizio anno) e come confermano decine di ottimi racconti, come «Il dilemma di Benedetto XVI» di Herbie Brennan e «Balaam» di Anthony Boucher, sui quali conto di tornare in futuro.