Ho sempre pensato che le «novelization» fossero un’esclusiva riservata ai fan più sfegatati di un film o telefilm: infatti non c’è ragione di leggere un libro che alla fine descrive tali e quali gli stessi eventi già visti al cinema o in televisione. Poi però mi sono imbattuto in «Capitan Rogers nel 25° secolo» (Buck Rogers in the 25th Century, 1978) di Addison E. Steele, che è la trasposizione in romanzo della prima puntata del telefilm di Buck Rogers, e non ho saputo resistere: l’ho letto, anzi divorato.
E mi sono pure divertito.
Buck Rogers, il telefilm degli anni Settanta
Serbo infatti un ricordo affettuoso del telefilm di Buck Rogers uscito alla fine degli anni Settanta: della prima serie, almeno, perché della seconda – che ha stravolto personaggi e ambientazione ma almeno ha introdotto il personaggio di Hawk a parziale riparazione – non mi è rimasta una buona impressione.
Per ragioni nostalgiche lo stesso protagonista eponimo è sempre stato uno dei miei beniamini, probabilmente per quel nome che suona così bene e sembra coniato su misura per un eroe da space opera degli anni Trenta: eppure il protagonista, si ricorderà, non era nato come eroe spaziale bensì come ingegnere minerario che rimane intrappolato in una miniera, respira generici gas radioattivi e finisce in stasi per mezzo millennio. Quando, mezzo millennio più tardi, si risveglia trova la terra completamente cambiata: gli Stati Uniti non solo sono ora ricoperti di foreste ma di fatto non esistono nemmeno più perché sono stati occupati dagli Han, sorta di invasori mongoli che prima dell’America hanno fagocitato anche l’Unione Sovietica pre Guerra fredda. Del racconto originale di Philip Francis Nowlan, «Armageddon 2419 AD» (non mi risultano traduzioni italiane), ho scritto una recensione diversi anni fa, una delle prime di Libri Pulp, e a quella rimando per soddisfare ogni curiosità sull’esordio del protagonista.
L’ascesa di Buck Rogers è stata rapida: già nel gennaio 1929, pochi mesi dopo la pubblicazione del racconto d’esordio, era diventato uno degli eroi più popolari d’America, titolare di una striscia di fumetti sui quotidiani e, presto, anche di radiodrammi e cortometraggi; nel passaggio però si era anche trasformato da ingegnere in eroe spaziale con tanto di caschetto caratteristico, una veste che da allora non ha più cambiato.
Come tutti gli eroi delle riviste, dopo la guerra la sua popolarità è calata ed è finito presto in naftalina finché, alla fine degli anni Settanta, sulla scia del successo di Guerre Spaziali, non è stato rispolverato per un film di fantascienza («Capitan Rogers nel 25° secolo», appunto) che ha avuto un discreto successo, sufficiente almeno per ispirare un telefilm che ha dato tutto nella prima stagione ed è scoppiato nella seconda.
Benvenuti nel venticinquesimo secolo
Si arriva così alla «novelization» che costituisce l’argomento di questo articolo: scritta da Richard Lupoff sotto pseudonimo, la storia segue passo per passo la trama del film uscito nel 1979 e che poi è diventato una sorta di episodio pilota, per usare la terminologia moderna, del successivo telefilm.
La storia è lineare e tipica della fantascienza degli anni d’oro: William «Buck» Rogers è un capitano dell’aviazione americana che nel 1987 viene spedito in missione solitaria nello spazio. Il suo compito è raggiungere il limite del sistema solare e tornare nel giro di cinque mesi: solo che subito dopo la partenza la sua nave viene investita da uno sciame di meteore radioattive che innescano una qualche reazione a bordo e surgelano il povero astronauta, che finisce in una sorta di animazione sospesa. Esaurito il cordoglio, sulla terra si dimentica presto il triste destino di Rogers: ci sono infatti altri problemi più contingenti cui pensare, come la rivalità con la Russia.
Passano gli anni, che diventano secoli: finalmente, nel 2491 la nave di Rogers viene intercettata da un gruppo di caccia spaziali, che la recuperano e la rimorchiano a bordo della loro ammiraglia, la Draconia: Rogers si trova così trainato al centro del più grande intrigo spaziale del venticinquesimo secolo e dintorni.
Scongelato e riportato in vita, Rogers fa subito colpo sulla crudele principessa Ardala, una delle trenta figlie dell’imperatore Draco di Draconia, che in lui vede un uomo vero, maschio, a differenza dei mezzuomini da cui è circondata. Con la scusa di una missione diplomatica (stipulare un trattato commerciale con la terra), Ardala in realtà ha in mente un piano di conquista a tradimento del nostro pianeta, per impressionare il padre e così assicurarsi il diritto a succedergli sul trono: infatti Draconia, che è già padrona di tre quarti della Via Lattea, ambisce a mettere le mani anche sulla terra perché il pianeta è la porta per compiere il salto ad una succulenta galassia che sta passando vicino alla nostra.
La posizione è l’unico pregio della terra futura, che per il resto è un pianeta morto, ucciso dalla guerra, dall’inquinamento, dallo sfruttamento delle risorse e da tutte le altre teorie ambientaliste che già all’epoca erano di moda: solo che negli anni Settanta era la tesi del raffreddamento globale ad andare per la maggiore mentre oggi, vista l’inconsistenza di quell’emergenza, si è passati a parlare di riscaldamento globale e domani, per non sbagliare la terza volta di fila, basterà l’accenno ad un più generico «cambiamento climatico», che va bene per tutte le stagioni.
La popolazione stessa della terra futura – la popolazione civile, almeno, non i selvaggi che vivono tra le macerie della vecchia terra, ora chiamata «Anarchia» – è ammassata in un’unica metropoli, la Città Interna, che si trova dalle parti dell’attuale Chicago, ed in una corona di altre città satellite minori: la capitale, protetta da un cupolone che impedisce persino la vista del cielo, viene descritta come la classica utopia tecnologica razionalista dove tutto è splendido e funziona a meraviglia, in ovvio contrasto con la devastazione del mondo esterno.
Tuttavia la Città non è affatto indipendente: sulla terra infatti non cresce quasi più nulla, nemmeno coltivato. Così per sopravvivere l’umanità deve affidarsi al commercio con generici «altri pianeti»: ma le risorse sono sempre scarse, perciò la Città si è data al socialismo democratico. «La nostra è una civiltà di moderazione, non cerchiamo le cose virili», spiega infatti Wilma Deering, una dei comprimari, nell’apertura di un pistolotto sulla giustizia sociale: «Perché tutto sia ugualmente bello e confortevole per tutti, dobbiamo adottare una certa moderazione. Non c’è margine per lo spreco. Se uno consuma due cose, specie due porzioni di cibo o bevanda, quando invece ha diritto a una sola, qualcuno resta senza mangiare, quel giorno. E questo non lo possiamo permettere. La smoderatezza nel bere e nel mangiare, il lusso eccessivo e tutte quelle cose che nel tuo mondo erano dei vizi tollerati, per noi sarebbero un vero e proprio crimine».
A complicare la situazione interviene un altro fattore: le incursioni dei pirati contro i trasporti commerciali, che recentemente si sono fatte più numerose e baldanzose. Per questa ragione il falso trattato proposto da Ardala è stato accolto dai terrestri senza esitazione: in cambio di qualche modesta concessione, la principessa draconiana ha infatti promesso di impiegare la potenza militare del suo impero per eliminare la minaccia dei pirati una volta per tutte. A nessuno però è venuto in mente che i pirati stessi possano essere sovvenzionati dai draconiani: gli umani del futuro infatti vengono presentati così incompetenti – «dabbene» sarebbe un termine migliore – che hanno delegato il loro governo ad un consiglio di dodici computer il cui potere è assoluto. Sono le macchine che prendono ogni decisione per conto degli abitanti della Città: ed uno dei supercomputer è un infiltrato al soldo dei draconiani.
Il complotto contro la terra
Come detto, Rogers si trova suo malgrado al centro di un complotto. Dopo averlo riportato in vita, Ardala ed il suo spasimante Killer Kane – un terrestre rinnegato il cui nome allitterante ricorda senza troppe sottigliezze Caino e l’atto che l’ha reso celebre – rimettono Rogers sulla sua nave e lo rispediscono sulla terra, non tanto come gesto di pietà quanto per interesse: saggiare le difese planetarie. La missione diplomatica dei draconiani infatti è solo un pretesto per giungere alla terra senza destare sospetti e poi colpire all’improvviso, a difese abbassate: la principessa stessa garantisce che la Draconia non porta armi a bordo e questo ai terrestri creduloni basta. Poco importa che l’ammiraglia sia anche l’astronave più grande e potente della flotta di papà: Ardala l’ha scelta solo per una questione di praticità. In realtà, come hanno già intuito i lettori ma i terrestri del futuro nemmeno immaginano, la nave è imbottita di truppe e velivoli.
Come detto, Rogers viene dunque usato come spia involontaria: preso nuovamente in custodia – questa volta dagli Starfighter della Squadriglia di Intercettazione, che sono l’unica forza militare della terra – il capitano viene guidato nel labirinto dello scudo difensivo eretto attorno al pianeta. Tutte le sue manovre però vengono anche ritrasmesse alla nave degli invasori mediante un congegno spia installato sulla sua navicella dai tecnici draconiani, che così adesso conoscono la strada sicura per attraversare la barriera. In teoria il vascello di Rogers sarebbe anche dovuto esplodere a contatto con l’aria ma una precauzione standard usata dai terrestri per evitare la diffusione di virus spaziali impedisce l’innesco della bomba e così salva la nave ed il nostro protagonista.
Nelle pagine successive si fa così la conoscenza dei comprimari: il colonnello Wilma Deering, comandante della Squadriglia di Intercettazione, inetta ma scelta per quel ruolo sin dalla nascita; il professor Huer, interfaccia umana dei computer che governano la città; il dottor Theopolis («Città di Dio», in greco), uno dei dodici supercomputer che compongono il consiglio informatico della città; ed il robot androide Twiki, il cui unico compito è scarrozzare qua e là la scatola di Theopolis ed esprimere commenti non richiesti con suoni inintelligibili.
Siamo alle solite: l’inettitudine dei cattivi
Nei capitoli successivi, Rogers viene sospettato di essere un agente dei draconiani a causa del congegno spia installato sulla sua astronave e non c’è modo per far cambiare idea agli ottusi terresti del futuro: viene così condannato all’esilio dal consiglio dei computer (ma, si scoprirà, il suo principale oppositore tra le macchine è il vero agente dei draconiani), che significa abbandonare la sicurezza ed il calore del cupolone della Città Interna per piombare nel mondo esterno, dov’è pianto e stridor di denti. Lo accompagnano però Theopolis, che aveva creduto così strenuamente nella sua innocenza da mettersi in gioco per difenderlo (e per questo viene esiliato assieme a Rogers) e Twiki, che da androide non gode di alcun diritto particolare: la difesa di Theopolis merita di essere ricordata come l’arringa più fiacca della storia della fantascienza ed infatti il suo discorso non convince nessuno.
Abitata da selvaggi, cannibali ed altra umanità alla Mad Max, Anarchia è un posto freddo e mortale: appena fuori dal cupolone tuttavia Rogers trova le rovine di Chicago e, orientatosi rapidamente, scova anche la tomba di famiglia, la cui lapide porta i nomi dei genitori e dei fratelli, morti nei disordini scoppiati negli anni successivi al suo viaggio.
Le cose per i tre si mettono male presto: tuttavia, quando sembra non esserci via d’uscita, arrivano i nostri al salvataggio. In breve, la Deering ha cambiato idea su Rogers e ora pensa che Rogers potrebbe aver ragione riguardo alla propria innocenza e alla vera natura della visita dei draconiani: la Draconia potrebbe persino non essere così innocua come Ardala professa.
L’ispezione – l’indomani – all’astronave però non dà frutti: l’ammiraglia è pulita come la coscienza di un politico, di armi e truppe non si trova traccia a bordo ed Ardala è abile a fingere di non aver mai visto prima Rogers. Già, perché su idea di Killer Kane i caccia sono infatti camuffati da velivoli pirata ed hanno già lasciato la nave: così, durante l’ispezione, i finti pirati possono attaccare la Draconia come dimostrazione di innocenza ed al tempo stesso come espediente per distruggere a tradimento gli Starfighter terrestri. Solo l’abilità di Rogers, che non si affida alle manovre del pilota automatico (note ai draconiani, quindi ai pirati, grazie alle informazioni passate loro dal computer collaborazionista) ma fa conto solo sulla propria abilità di pilota, salva quel che resta dei terrestri, Deering inclusa. Soprattutto la Deering.
Tuttavia il fallimento della missione rafforza le convinzioni dei terrestri, che adesso giudicano Rogers ancora più colpevole: viene salvato solo dall’onorificenza (l’Ordine Draconiano al Merito) che quella sera, in occasione del ricevimento di stato, Ardala ha dichiarato di voler consegnare a Rogers per ringraziarlo del suo aiuto contro i pirati e dissimulare così il suo piano.
Durante il ricevimento Rogers ha modo di far sfoggio della sua abilità di ballerino, di far cadere ai suoi piedi la principessa e di far ingelosire la colonnella: la prima non nasconde la sua passione per l’uomo del ventesimo secolo («Anche una povera principessa desidera un uomo più virile. Come te, Buck. Sei arrogante. Hai l’aria di non voler ricevere ordini da nessuno … Oh, Buck, con te potrei vivere la mia vita. Ho bisogno di un uomo, di un vero uomo»), la seconda invece incassa il rifiuto e poi scoppia in singhiozzi, «cosa che non si addiceva affatto a un colonnello».
Seguirà così la distruzione dell’ammiraglia grazie all’iniziativa di Rogers, che quella notte stessa sale a bordo della nave assieme ad Ardala fingendo di volerla sedurre, poi la fa addormentare con un sonnifero, si traveste da soldato draconiano e sabota tutti i caccia invasori (che esploderanno all’unisono non appena avranno lasciato l’ammiraglia per ingaggiare battaglia con la Squadriglia di Intercettazione), con un modesto aiuto da parte di Theopolis e Twiki. La Draconia stessa esploderà ma solo dopo che lo Starfighter della Deering, che finalmente ha riconosciuto l’innocenza di Rogers, avrà portato in salvo Rogers e le due macchinette.
Pura evasione
Il libro non ha alcun merito letterario: è pura evasione, dalla prima all’ultima riga. La storia è volutamente sopra le righe e l’autore dimostra di esserne consapevole: quando Rogers compie qualcosa di fenomenale infatti Steele/Lupoff sembra quasi strizzare l’occhio al lettore e sorridergli con complicità.
Tutti i personaggi sono idioti, a parte Rogers e in parte la principessa Ardala: l’uno perché è il protagonista ed incarna l’americano medio sempre adeguato alle situazioni; l’altra invece perché sarebbe un’abile manipolatrice: ma in realtà viene lei stessa manipolata, perché non sa resistere alla passione e si innamora dell’uomo che alla fine è la sua rovina. Tutti gli altri comprimari sono imbarazzanti: il dottor Huer è l’euroburocrate medio, che si affida al dogma della tecnologia infallibile senza mai sbilanciarsi per prendere decisioni proprie; Wilma Deering è un comandante inadeguato, così travolta da emozioni e sentimenti che è incapace di giudicare le situazioni con equilibrio; Killer Kane è una barzelletta, l’epitome del cattivo senza qualità da racconto pulp. Eppure, messi insieme formano un bel gruppo assortito: e questo gruppo funziona pure, perché ora l’uno ora l’altro mettono in moto una catena di eventi dissennati che riescono persino gradevoli, quasi logici nel loro svolgimento.
La trama infatti segue paro paro gli eventi del telefilm con solo qualche leggera variazione, nell’insieme trascurabile: per questa ragione il telefilm risulta decisamente migliore del libro, sia perché offre un bello spaccato della fantascienza spaziale della fine degli anni Settanta – e degli effetti speciali del tempo – sia perché richiede molto meno impegno ed è finito un’ora e mezza, circa un terzo del tempo che invece è necessario per la lettura della novelization. Ma il libro è così leggero che va giù come un bicchiere d’acqua e a modo suo offre un ottimo modo per impiegare un ozioso pomeriggio d’estate.
La vera mancanza – ma è sia del romanzo sia del telefilm: certo, risulta più grave nel libro, dove ci sarebbe lo spazio per approfondire i dettagli – è l’assenza di maggiori informazioni sull’ambientazione: ad esempio, si sa che Draconia esiste ma non viene detto dove stia, chi l’abbia fondata e quando, perché siano umani come noi ma ovviamente scollegati dalla nostra evoluzione. Il desiderio di analoghi approfondimenti sorge anche per i cinquecento anni di storia futura della terra, per l’attività dei pirati dello spazio (uno dei temi più affascinanti della space opera), per i pianeti con cui la Città commercia: si intuisce siano gli altri mondi del sistema solare ma quando sono stati colonizzati? In quale relazione sono con la terra? Chi e quanti li abitano? Leggendo questo romanzo ci si trova a fare i conti con domande simili in continuazione e solo poche trovano risposta nelle pagine del libro: per le più ci si deve accontentare della fantasia personale. Che non è certo un problema, solo un peccato, perché l’ambientazione di per sé avrebbe un ottimo potenziale per essere sfruttata in maniera molto più massiccia.
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