Ispirato ad un videogioco di fantascienza degli anni Novanta che da allora ha visto parecchi rifacimenti, il gioco da tavolo di Xcom è senza ombra di dubbio uno dei migliori giochi del 2015 ed addirittura uno dei migliori cooperativi di sempre: infatti non solo trasuda tema da ogni regola ma, incredibile a dirsi per un titolo pubblicato su licenza, riesce persino ad innovare il mondo dei giochi da tavolo, soprattutto per merito del programmino elettronico gratuito indispensabile per giocare.
1 – Una panoramica
Questa versione di Xcom porta la firma di Eric M. Lang e riprende l’ultima incarnazione dell’omonima saga videoludica, intitolata Enemy Unknown, che risale al 2012: la grafica è la stessa e pure gli equipaggiamenti prendono nome ed illustrazioni dal videogioco; altri aspetti, come per esempio il bonus dato dal continente in cui si trova la base e le abilità dei diversi guerrieri alieni, sono pure ispirati al videogioco ma semplificati ed adattati alle meccaniche di un gioco da tavolo.
Per quanto riguarda l’ambientazione, la terra del prossimo futuro è stata invasa dagli alieni, tecnologicamente superiori ai terrestri: di fronte a questa minaccia i governi della terra trovano l’unità (si tratta pur sempre di fantascienza) e montano un tentativo di difesa comune, l’Xcom appunto.
La riuscita dipenderà dalle azioni dei giocatori – da uno a quattro ma ripetuti fallimenti suggeriscono di giocare solo a piena forza, almeno all’inizio – che impersonano quattro figure chiave del comando supremo antialieno, ognuno con un lato della plancia dedicato. In ordine di risoluzione delle azioni, i ruoli sono quelli del caposcienziato, che si occupa di sviluppare le nuove tecnologie; dell’addetto alle comunicazioni, cui spetta di gestire il già citato programmino (sul quale si tornerà più avanti) e poco altro; del comandante, i cui compiti includono il rispetto del bilancio, l’impiego dei caccia e soprattutto la scelta delle crisi, che come lascia intendere il nome non sono mai a favore dei giocatori; ed infine del comandante militare, che con poca fantasia si dedica alla difesa della base ed allo svolgimento delle missioni, inclusa quella finale, l’unico modo per vincere.
Per perdere invece basta che si verifichi una di due alternative: la base viene distrutta (può prendere sei danni, non riparabili: al settimo è game over) oppure due o più continenti cadono nel panico, sull’apposito tracciato, sempre troppo breve.
Il gioco dura sei o sette turni, in base al piano d’invasione alieno (cambiano le strategie del computer e quindi il tipo di minaccia cui i giocatori devono far fronte): solo a quel punto si attiva la missione finale che, terminata, permette di vincere il gioco; ogni missione completata dal capo militare anticipa però tale sblocco di un turno.
2 – Le meccaniche di gioco
Ogni turno è diviso in due fasi, chiamate «a tempo» la prima e «di risoluzione» la seconda: ciascuna presenta minacce diverse e richiede un diverso approccio.
2.1 – La fase a tempo
Scandita dal programmino elettronico, la fase a tempo è dove brilla Xcom: il computer (o telefonino, o tablet) dice qual è il compito o la minaccia del momento, quale giocatore deve intervenire e quanto tempo ha a disposizione per prendere una decisione al riguardo, in genere una manciata di secondi; la quantità di tempo dipende dalla difficoltà di gioco scelta all’inizio.
L’addetto alle comunicazioni legge quindi la schermata, riferisce al giocatore ciò che deve fare, attende che quegli l’abbia terminato e poi, a compito eseguito, dà l’ok al computer, che passa all’azione successiva: ogni turno si compone di una ventina abbondante di questi compiti, alcuni dei quali positivi (come scegliere le tecnologie da ricercare, schierare le truppe, attingere ai fondi) ma molti negativi (come scegliere le crisi o piazzare alieni e dischi volanti sulla plancia).
Qualora si esaurisca il tempo a disposizione per un dato compito senza che l’addetto alle comunicazioni abbia dato l’ok, il programmino dapprima rosicchia ulteriori secondi da una riserva (ai livelli più semplici è possibile mettere in pausa), poi dal tempo a disposizione degli altri giocatori per le successive azioni ed infine, esaurito anche quello, non permette più di svolgere i compiti positivi ma impone comunque l’esecuzione alla cieca di tutti quelli negativi.
La pressione data dalla scarsezza di tempo e dall’impossibilità di avere un’idea chiara di ciò che sta accadendo sulla plancia crea quella sensazione di catastrofe imminente che s’immagina si respiri in una sala operativa, almeno come si vedono nei film: c’è poco tempo a disposizione, i dati sono insufficienti e forse sbagliati ma occorre prendere una decisione comunque che, nell’atmosfera concitata di questi momenti, potrebbe anche non essere quella giusta.
In Xcom infatti ogni azione rappresenta un rischio ed ogni scelta ha il sapore dell’azzardo.
2.2 – Una nota a margine: il tramonto del giocatore dominante
A questo punto è necessaria una parentesi: con l’introduzione del tempo limitato, più che con la differenziazione dei ruoli, Xcom ha risolto un problema che affligge da sempre i giochi cooperativi, quello del giocatore dominante, ossia di colui che, solo perché conosce meglio il gioco o ha la personalità più forte, tende a «burattinare» gli altri, istruendoli sulle azioni che devono fare in quel turno.
In genere giocare ad un cooperativo con un simile giocatore rende sgradevole l’intera partita.
In Xcom però questo problema non esiste: in certe situazioni difficili tutti cercano, questo è vero, di suggerire al giocatore attivo cosa «sarebbe meglio fare» (e solitamente ciascuno ha un quadro assai diverso della situazione e quindi delle priorità) ma il tempo per decidere è così poco che alla fine l’interessato sceglie sulla base delle proprie impressioni.
In un simile contesto è chiaro che il giocatore dominante non trova spazio, a meno di trascurare i propri compiti per dedicarsi a quelli altrui: ma così diventa il primo candidato alle critiche in caso di sconfitta e per ottime ragioni.
2.3 – La fase di risoluzione
Questa è la fase di gioco in cui si raccoglie ciò che si è seminato nella sequenza a tempo: si verifica il bilancio (tutto ciò che viene schierato sulla plancia costa crediti: se i fondi non bastano sono dolori), si risolvono le crisi e poi si svolgono i diversi compiti. Tutti richiedono il tiro dei dadi: uno o più d6, le cui facce presentano due successi e quattro insuccessi, accompagnati sempre dal cosiddetto «dado alieno», un d8 che può decidere l’esito di una partita, sul quale si tornerà più avanti.
Il primo a risolvere i propri compiti è lo scienziato, che ricerca le tre tecnologie scelte per il turno: se sviluppate, diventano attive immediatamente e possono essere usate nello stesso turno. Segue l’addetto alle comunicazioni, che con una manciata di satelliti cerca di eliminare quanti più dischi volanti dallo spazio: se ne restano, non solo si alza il panico sulla terra ma al turno successivo gli ufo scendono anche su uno o più continenti a caso ed in più aumenta il rischio che questi disturbino le comunicazioni, ossia che i giocatori debbano prendere certe decisioni (come scegliere i soldati da assegnare alla difesa della base) prima di sapere quali nemici la stiano attaccando.
Il terzo ad intervenire è il comandante, che cerca di abbattere quanti più ufo sulla terra: se ne restano, sale il panico sui rispettivi continenti. L’ultimo ad agire è il comandante militare, che prima difende la base (attaccata da un massimo di tre alieni) e poi cerca di completare la missione, che si articola sempre su tre prove distinte, alcune con ed altre senza alieni: occorre rilevare che in questo cooperativo è del tutto assente la parte tattica del videogioco, sostituita invece da un meccanismo molto più semplice, che richiede solo di associare i diversi simboli presenti sulle carte degli alieni ai corrispettivi simboli collegati alle quattro specializzazioni dei soldati, in modo tale da aumentare il numero dei dadi che si possono tirare e quindi le possibilità di successo.
Fatto ciò, il programmino chiede di essere aggiornato su alcune condizioni di gioco ed è pronto a passare al turno successivo, se non si sono ancora verificate le condizioni di vittoria o sconfitta.
3 – Le due eccellenze: il programmino elettronico ed il «dado alieno»
Sono molti i titoli che negli ultimi anni hanno cercato il modo di unire il gioco da tavolo tradizionale all’informatica: per lo più si tratta di esperimenti malriusciti o così forzati che il prodotto finale non vale nemmeno la pena di essere provato. Xcom è invece riuscito ad integrare così bene l’elettronica nelle proprie meccaniche da farne un modello di innovazione: infatti, se al programmino si sostituisse un quinto giocatore, il classico master che gioca contro tutti in stile Descent o Mansions of Madness, il gioco non sarebbe altrettanto avvincente perché perderebbe la casualità, l’imprevedibilità ed un nemico temibile come il tempo limitato.
In altre parole, in Xcom l’elettronica è la ciliegina sulla torta, anche tematicamente, in quanto rende perfettamente l’idea di una mentalità aliena, così lontana e diversa da quella umana da essere imprevedibile ed incomprensibile, qualcosa di cui giustamente diffidare.
L’altra particolarità del gioco sta nel cosiddetto «dado alieno», il d8 rosso che accompagna ogni tiro di dadi. Ciascun compito risolto dai giocatori richiede un certo numero di successi: se, ad esempio, per sviluppare una tecnologia servono tre risultati positivi ma nel primo lancio lo scienziato ne tirato uno solo, il giocatore mette un segnalino sulla carta per indicare che l’ha ottenuto e poi può continuare a tirare quante volte vuole, per cercare di ottenere i successi mancanti.
Solo che, ad ogni lancio, sale la cosiddetta «minaccia» su un indicatore che va da uno a cinque (e mai oltre il cinque): qualora il d8 alieno mostri un numero uguale o inferiore al livello di minaccia, tutte le unità impiegate per quel tiro sono eliminate (satelliti e scienziati restano fuori del gioco per un turno, soldati ed aerei vengono invece distrutti e devono essere reclutati nuovamente, con dispendio di fondi) ma almeno i successi ottenuti in quest’ultimo tiro vengono considerati ancora validi. Il rischio del fallimento costringe quindi a valutare seriamente rischi e benefici ed eventualmente ad accontentarsi di un mezzo successo per proseguire con i tiri al turno successivo.
Appare così evidente perché tecnologie apparentemente deboli come lo Shiv, l’Alloy Cannon o l’Alien Construction, che aggiungono un successo automatico al verificarsi di determinate condizioni, sono in realtà preziosissime: non si deve tirare, quindi non si rischia di perdere unità e non sale nemmeno il tracciato della minaccia.
Questo indicatore si riazzera ogni volta che si è completato, fallito oppure rimandato al turno successivo un qualsiasi compito.
4 – Commento finale
Tematicamente, Xcom non conosce rivali: si ha l’impressione di essere davvero in una sala operativa e di prendere decisioni importanti per il futuro del pianeta, spesso contando più sulla fortuna che sull’efficacia delle azioni intraprese. Il fallimento infatti è dietro l’angolo: basta un tiro sfortunato per vedere eliminati tre soldati in un colpo solo e trovarsi immediatamente in una situazione d’emergenza, con le forze ridotte all’osso. Chi conosce il videogioco dice che anche in questo Xcom è molto tematico, dal momento che in tutti i capitoli videoludici la mortalità delle truppe è alta e la sconfitta sempre incombente.
Le regole di gioco sono poche, semplici e facili da ricordare: una volta compresi alcuni concetti chiave e familiarizzato con il ritmo dato dal programmino non è difficile districarsi nell’oceano di dubbi che si presentano regolarmente. Il software stesso include una faq e la modalità di gioco «tutorial» per le prime partite, che sostituisce il classico regolamento stampato.
Anche i materiali sono pochi ma di qualità eccelsa: le miniature (dodici soldati, otto caccia e ventiquattro ufo) hanno il dettaglio che ci si aspetta da un gioco della Fantasy Flight mentre i segnalini e le carte (di tre formati differenti) hanno uno spessore più che adeguato; ciononostante, l’uso delle bustine protettive è sempre consigliato.
Nonostante tutti i suoi meriti, Xcom non è però un gioco per tutti: chi vuole avere tutto sotto controllo, pianificare le proprie azioni con turni di anticipo o semplicemente soffre di «analysis paralysis» non trova qui pane per i propri denti.
Chi tuttavia preferisce i giochi scoppiettanti, con tanto tema, interazione, casualità, e ama il rischio e l’azzardo non deve assolutamente lasciarselo sfuggire: è il tipo di gioco che crea quelle situazioni memorabili di cui ancora si parla tra amici ad anni di distanza.
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