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Alan Dean Foster – L’incontro con i Thranx

Le storie a prospettiva inversa sono tanto affascinanti quanto difficili da scrivere, perché presentano insidie quasi ad ogni riga: l’autore deve infatti ricordarsi in continuazione di pensare come il suo personaggio – ossia l’alieno, l’altro – e deve pure farlo in un modo credibile, che in questo caso significa diverso, plausibile e soprattutto coerente. Ecco perché «L’incontro con i Thranx» (Nor Crystal Tears, 1982) di Alan Dean Foster è un piccolo gioiello della fantascienza: perché tutto, dalla prima all’ultima riga, è visto con gli occhi di un alieno e narra il primo incontro della progredita società di insettoidi alla quale appartiene – i Thranx del titolo appunto – con un gruppo di umani «salvati» dal relitto della loro astronave.
Da questo incontro e dalle azioni del protagonista alieno sboccerà la comprensione reciproca tra le due razze e da essa un’alleanza durevole.

L’inizio dello Humanx Commonwealth
Pubblicato nel 1982 e da allora spesso ristampato (nella versione inglese), «L’incontro con i Thranx» fa parte del vasto ciclo dello Humanx Commonwealth di Foster, che trae il suo nome dalle due razze che lo formano: gli umani e, appunto, i Thranx, una razza di insettoidi simili a mantidi religiose. Come tradisce il titolo italiano, questo volume – che non è il primo della serie anche se si colloca all’inizio della cronologia interna – racconta la storia del primo contatto tra le due specie, narrata quasi interamente dal punto di vista dei Thranx e di uno di essi in particolare, un abile agricoltore di nome Ryo (Ryozenzuzex sarebbe la versione completa, da carta di identità), che non condivide né la diffidenza né la repulsione dei suoi simili verso i mostruosi umani appena incontrati: anzi, pur senza averne le competenze specifiche, si impegna per trovare un contatto tra le due razze, anche a costo di essere bollato come criminale dai suoi per aver favorito la fuga dei loro «ospiti».
Ma così getta anche le basi di quella che diverrà un’alleanza solidissima, perché umani e Thranx – violenti ed impetuosi i primi, pacifici e riflessivi i secondi – si completano a vicenda.

L’aspetto può ingannare
Simili a mantidi religiose alte sul metro e mezzo, a prima vista i Thranx paiono grossi insetti, anche se un entomologo si scandalizzerebbe di questa definizione, perché i Thranx hanno otto zampe invece delle canoniche sei: quattro di queste servono come gambe, le due più alte come braccia mentre un’altra coppia intermedia può essere usata come braccia o gambe a seconda della necessità; le quattro mani hanno quattro dita ciascuna, due delle quali opponibili.
Dotati di esoscheletro, occhi sfaccettati e tutti gli altri caratteri tipici degli insetti, non sono capaci né di espressioni facciali (sostituite da una gestualità che serve ad integrare il loro linguaggio composto di fischi e ticchettii) né di inspirare o espirare l’aria, dal momento che sono privi di polmoni: la respirazione avviene automaticamente, attraverso pori posti sull’addome. Sono in grado di vedere anche al buio, grazie alle antenne che integrano gli occhi e all’olfatto come organi di percezione, e vivono per lo più sottoterra, in autentici formicai che discendono anche per decine di livelli nel sottosuolo, sebbene costruiscano strutture anche in superficie.
Hanno un buon profumo – viene paragonato alla menta o all’erba appena tagliata – e trovano fastidioso l’odore degli umani, di cui trovano rivoltante anche l’aspetto: un po’ perché li disgusta la carne molle che nasconde lo scheletro all’interno, un po’ perché l’aspetto complessivo dell’uomo ricorda loro alcuni micidiali predatori dei pianeti su cui si sono evoluti.
Le doti più rilevanti di questa razza sono tuttavia altre, prima di tutte l’intelligenza e la capacità di estrapolare informazioni attraverso il ragionamento: ma colpisce anche l’alto grado di civiltà della razza nel suo insieme, portata a rispettare le leggi e l’autorità anche quando non è d’accordo. Di conseguenza la società Thranx è stabile e regolata e, pur senza essere dispotica o totalitaria, assegna a ciascuno un suo posto nella società: è lo stesso individuo che se lo sceglie da sé al termine della metamorfosi da larva ad individuo formato, quindi appena compiuto il passaggio dalla fanciullezza alla vita adulta.
Sono una razza progredita che vive su pianeti di tipo terrestre, con una predilezione per le zone con un clima da foresta tropicale: temperature superiori ai trenta gradi ed un’umidità anche del 90%. Persino le zone temperate o fresche rischiano di essere letali per un Thranx che non indossi abiti pesanti.

Un primo contatto involontario
Dopo una serie di capitoli introduttivi che servono per mostrarci la vita quotidiana dei Thranx e le circostanze del primo incontro tra Thranx ed umani (una loro astronave esplorativa si imbatte nel relitto di un’omologa terrestre con una dozzina di sopravvissuti a bordo), la storia si fissa sul protagonista, un certo Ryo, un agricoltore di Willow-wane, un pianeta Thranx di scarsa rilevanza: da un messaggio inviato da un parente (il comandante della nave esplorativa) alla sua quasi moglie, questi apprende la notizia dell’incontro con una nuova razza di alieni mostruosi; e quando, il giorno dopo, lo stesso parente ritratta, Ryo intuisce che le autorità stanno tenendo nascosto qualcosa, così decide di indagare per conto suo. Ma non riesce ad allontanarsi dal formicaio, perché viene subito bloccato dalla quasi moglie e dalla sua stessa comunità, che rispetta rigidamente le norme e i costumi dei Thranx: così decide di aspettare sino alla prima occasione, costi quel che costi.
Quando questa occasione si presenta, molti mesi più tardi, Ryo la coglie al volo: giunto così nella capitale planetaria, vorrebbe imbarcarsi per Hivehom, il mondo principale del suo popolo, perché ritiene che qui siano stati portati gli alieni, ma ha esaurito il denaro. Sta quindi pensando di darsi al crimine per finanziarsi quando incontra uno stimato poeta Thranx, Wuu (Wuuzelansem), che si interessa abbastanza alla faccenda da decidere non solo di aiutarlo ma anche di partire con lui: finisce così il primo terzo della storia, validissimo perché mostra scorci della società dei Thranx ma ancora privo di qualsiasi interazione con gli umani, a parte una brevissima scena durante l’abbordaggio del relitto.

La chiave della comunicazione
Giunti su Hivehom, per vie traverse i due riescono a scoprire dove sono tenuti gli umani: una base militare «segreta» nell’estremo nord, sotterranea come la maggior parte degli abitati di questo popolo. E così iniziano un lungo viaggio che li porterà all’interno della base, grazie soprattutto al prestigio di Wuu, i cui versi sono noti e apprezzati in tutta la sfera di influenza Thranx.
Mentre indagano sul probabile luogo di reclusione, sconosciuto anche a quasi tutto il personale della base, vengono sorpresi da un paio di esplosioni: poco dopo, Ryo viene catturato da due umani evasi, che lo prendono come ostaggio e lo portano con sé all’esterno nonostante il freddo e la neve, ai quali i Thranx – che amano temperature superiori ai trenta gradi e un’umidità attorno al 90% – sono particolarmente vulnerabili.
Nelle settimane, forse mesi, che passano assieme nelle foreste selvagge di Hivehom i tre diventano amici: su intuizione di Ryo, iniziano a scambiarsi i nomi delle cose nelle reciproche lingue e così, dopo qualche tempo, sono capaci di comunicare tra loro in modo rudimentale. I suoni delle due lingue non sono compatibili, perché i Thranx comunicano per fischi e ticchettii accompagnati da gesti col corpo: ciononostante una comprensione è possibile e sfocia presto in un’amicizia reciproca.
Proprio in virtù di questa amicizia i due umani decidono di farsi ricatturare, perché il freddo sta uccidendo Ryo.

Un’amicizia che supera le differenze
Tornati alla base, la situazione degli «ospiti» umani migliora: ora infatti è possibile una comunicazione, che prima era sempre sfuggita agli scienziati Thranx, e così Ryo, il solo che al momento riesca a parlare con i prigionieri, diventa l’interprete ufficiale del progetto. Tuttavia i Thranx non sono disposti a liberare gli umani, perché li temono: temono che siano alleati di un’altra razza rettiloide, gli AAnn, i loro nemici storici; temono le loro vere intenzioni; e soprattutto temono gli umani in quanto tali, perché sono violenti, anche tra di loro. E la violenza spaventa i pacifici Thranx.
Così, nel timore che gli umani, che ora sanno dove si trovano Hivehom e i domini Thranx, possano usare questa conoscenza per invaderli, decidono di tenerli prigionieri a vita, ma senza alcuna intenzione di far loro del male, solo come precauzione. Ryo però non può accettarlo: non solo perché sono suoi amici ma anche perché non lo ritiene etico.
Perciò aiuta gli umani ad evadere – tutti questa volta – e a tornare a bordo della loro astronave, con la quale possono raggiungere i domini terrestri: ma in questo modo è diventato un criminale per il suo popolo e per questo decide di partire con loro.
Anche a campi invertiti si ripete la stessa situazione: Ryo viene tenuto prigioniero e studiato. Quando però gli scienziati incaricati di interrogarlo ritengono di aver appreso tutto quello che poteva dire loro e si rendono conto che il Thranx è un personaggio di basso livello sociale, quindi inutile perché non può prendere decisioni vincolanti per la sua razza, decidono di sopprimerlo per sezionarlo.
Lo scopre lui stesso, hackerando per curiosità il computer al quale ha accesso, e lo riferisce con fatalismo ai suoi amici, che non esitano ad ammutinarsi per salvarlo.

La comprensione reciproca passa per i più giovani
Alla fine la situazione si risolve con un po’ di contrattazione. Tornata così la quiete, gli scienziati amici di Ryo approvano una sua idea: l’attuazione di questo progetto costituisce l’ultima parte del libro e sblocca definitivamente le relazioni tra le due specie.
Di nascosto – anche al governo terrestre – una spedizione terrestre che include alcuni bambini di tre/quattro anni parte per Willow-wane e, approfittando del livello tecnologico non avanzatissimo del pianeta natale di Ryo, atterra in una zona disabitata, dove pianta una base segreta: da qui Ryo parte per raggiungere il suo nido (la sua città) e rapisce sei giovani larve senza farsi scoprire. Nel loro ciclo vitale, i Thranx nascono infatti dalle uova in forma di larve simili a grossi vermi che però sono già capaci di apprendere e parlare: fino al momento della metamorfosi in individui adulti la loro educazione è così affidata a grandi nursery che fungono anche da scuole.
Ryo torna quindi alla base terrestre con le larve, che vengono messe in classe con i bambini terrestri: così, privi di condizionamenti, gli uni e gli altri crescono assieme, diventano amici per la pelle ed imparano sia ad apprezzare le forze l’uno dell’altro sia a riconoscere ciascuno i propri limiti.
Dopo qualche tempo però gli eventi forzano la mano dei terrestri: due navi AAnn sfrecciano accanto alla base per saccheggiare il nido di Ryo. Così, anche a costo di rivelarsi e far saltare il progetto, gli umani si armano per aiutare i Thranx: la spedizione è un successo che si conclude con la distruzione delle due navi e la cattura di tutti gli AAnn superstiti.
Rivelata così l’esistenza dei mostruosi terrestri all’intero popolo Thranx e la loro presenza sul pianeta, la situazione si sblocca a favore di un’alleanza quando l’opinione pubblica tanto degli alieni quanto degli umani può verificare il felice risultato del progetto: non solo ai bambini e alle larve non è stato torto un capello ma i giovani rappresentanti delle due razze vanno anche d’amore e d’accordo tra loro e sono persino in grado di parlare gli uni la lingua degli altri.
Il finale, ambientato dieci anni più tardi, mostra il definitivo successo del progetto, che ha gettato le basi per un’alleanza che non è stata ancora firmata ma verso la quale entrambe le specie, resesi conto dei vantaggi che ne derivano, stanno convergendo.
E tutto per merito di un agronomo curioso.

Una trama coerente
Nell’insieme «L’incontro con i Thranx» scorre che è un piacere: il ritmo è buono, la storia piacevole e da un certo punto in poi addirittura avvincente, i personaggi gradevoli, soprattutto il Thranx Ryo, dal momento che tutti gli altri sono semplici comprimari. L’intreccio magari è un po’ scontato e prevedibile, almeno nelle sue linee essenziali, ma il progetto che costituisce l’ultima parte del libro arriva inaspettato, anche se a ben vedere era stato abilmente preparato sin dall’inizio, quando viene mostrata la nascita e l’educazione di Ryo in forma di larva.
Quello che più conta però è che la storia riesce a mantenersi coerente per tutto il tempo: la trama segue sempre Ryo – a parte piccole parentesi in cui cambia brevemente il punto di vista ma solo per rendere più agile la narrazione – senza sbavature, nel senso che tutto ciò che dice, fa o pensa è sempre in armonia sia col personaggio sia con quanto si è già appreso o si apprenderà riguardo alla società Thranx e alla loro mentalità. Non è quindi come l’attore amatoriale che sul palco perde all’improvviso l’accento tedesco, affondando così personaggio e commedia; è invece più simile all’attore che entra nel personaggio e lo fa proprio alla Stanislavski, identificandosi pienamente con esso.
Per questo il libro riesce così gradevole: perché offre una prospettiva diversa e credibile, perché mostra quanto sia benefico superare le differenze apparenti per trovare la comprensione reciproca, perché provoca la mente del lettore e lo spinge a pensare. Che poi è anche ciò che la fantascienza dovrebbe essere in grado di fare sempre, almeno quando vuole essere considerata letteratura e non solo una piacevole fonte di distrazione.

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