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Essen 2016: la morte dei promo

Come di consueto, la settimana scorsa sono stato ad Essen per la fiera del gioco da tavolo: con 174 mila visitatori (più dodicimila dall’anno scorso), mille e fischia espositori (un centinaio più del 2015) e milleduecento novità (contro il migliaio dell’ultima edizione), la Spiel è senza dubbio l’evento ludico più importante d’Europa, tale da contendere alla Gencon americana anche il primato mondiale.
Ho appena terminato di scrivere l’articolo di commento che uscirà sul prossimo numero dell’Anonima Gidierre (che però vedrà la luce solo a gennaio): nel servizio, più che recensire le nuove uscite mi interessa cogliere ed analizzare le ultime mode e tendenze del settore, che da un paio d’anni ha iniziato a cambiare radicalmente e che molto probabilmente muterà ancora parecchio nei prossimi anni, prima di giungere ad un collasso che ritengo ormai inevitabile.
Proprio per la sua importanza, Essen è l’evento che meglio di qualunque altro in Europa dà il polso della situazione e di quello che ci si può aspettare nel prossimo futuro.
Ciò che segue è un riassunto del servizio ben più articolato che uscirà sull’Anonima.

1) Dal tramonto dei promo all’alba delle microespansioni
Fino a non molto tempo fa i promo erano esattamente quello che il nome lascia intendere: articoli promo-zionali, ossia piccole aggiunte al gioco che avevano il compito precipuo di tenere vivo l’interesse per un gioco e premiare coloro che già l’avevano acquistato. Tutto questo però appartiene ormai al passato.
Quest’anno Essen ha infatti sancito una brutta pratica iniziata non molto tempo fa: se vuoi il promo devi comprare il gioco; oppure, per grazioso compromesso, devi pagarlo: uno, tre, persino cinque euri, a volte per una sola carta.
Le ragioni per farlo sono più che evidenti ma allora sarebbe opportuno cambiargli nome: siccome non si tratta più di articoli promozionali ma di aggiunte – costosissime tra l’altro – da acquistare come ogni altro componente del gioco, sarebbe meglio chiamarli «microespansioni», perché di fatto è ciò che sono diventati.

2) Dimostratori sempre meno preparati
Un’altra delle conseguenze spiacevoli dell’esplosione dell’interesse verso il gioco da tavolo sta nella difficoltà di trovare dimostratori abbastanza capaci: va da sé che è interesse degli editori reclutarne di bravi ma pare essere divenuto tutt’altro che semplice individuarli.
Così, all’ultima Essen, agli assistenti più abili, capaci di spiegare chiaramente le regole di un gioco in meno di dieci minuti e in un buon inglese o tedesco, erano affiancati un gran numero di dimostratori improvvisati, che non solo ignoravano l’una o l’altra lingua – entrambe necessarie ad Essen per ovvie ragioni – ma, ben più grave, spesso ignoravano persino le regole degli stessi giochi che dovevano spiegare ed ovviavano alle loro carenze con una creatività che, per quanto encomiabile, non ha certo giovato ai titoli affidati alle loro cure.

3) L’ascesa dei minigiochi orientali
Dopo il successo di Love Letter, il minigioco di sole sedici carte che ha sbancato Essen nel 2012 e da allora non si è più fermato, ad Essen si sono visti via via sempre più autori asiatici: quest’anno addirittura un’ampia superficie della sala principale era occupata dalla novità degli autori coreani.
I giochi – o, meglio, minigiochi – orientali seguono solitamente le stesse direttrici: pochissimi componenti, scatole compattissime, altissima rigiocabilità. Secondo la spiegazione data dagli autori nipponici, la ragione per cui i minigiochi sono così popolari in Oriente starebbe proprio nelle dimensioni ridotte dell’abitazione media giapponese e quindi dei tavoli di gioco, che spesso sono quelli di un bar o ristorante.

4) Aumentano i prezzi ma spuntano anche i giochi economici
Fino a non molti anni fa con quaranta o cinquanta euri si prendevano degli ottimi giochi «per gamer», zeppi di componenti ed abbastanza complessi da garantirne la sopravvivenza nel tempo: già l’anno scorso però, probabilmente come conseguenza sia dell’egemonia della Asmodee (che ormai fa da sola il mercato) sia della sindrome da Kickstarter (dov’è normale spendere una fortuna per giochi che non si sono nemmeno provati), si è notato un aumento del prezzo dei giochi di questa categoria, cresciuto di una decina di euri.
Quest’anno Essen ha confermato la medesima tendenza, spingendola persino oltre: per un buon gioco da gamer sono ormai necessari anche settanta o persino novanta euri.
Al tempo stesso però si sta affermando una sottocategoria di titoli più leggeri dal costo contenuto che, pur affiancandosi ai tradizionali giochi per famiglia, sono pensati soprattutto per i gamer: non sono certo all’altezza, per componenti e complessità, dei giochi più costosi ma per le stesse ragioni non sono nemmeno dei filler. Hanno invece una grafica ammiccante, bei materiali, set di regole più complesse e strategie più sofisticate di quanto mettessero insieme, anche solo pochi anni fa, i giochi di fascia economica.

5) I temi della prossima stagione
Trascinati da cinema e televisione, non c’è dubbio che i temi dominanti della prossima stagione siano tre: i vichinghi (dai filler ai gioconi: i titoli quasi non si contano), Marte (la lista è in rapida espansione) e le escape room (che, dal punto di vista delle case editrici, fanno meglio persino delle meccaniche Legacy, dato che questi giochi sono per lo più monouso).
Sono invece quasi scomparsi dalla circolazione gli zombi e pure Cthulhu non influenza più così tanti titoli quanti era solito ispirare in passato: resistono i giochi a tema pirati e di ispirazione orientale, ai quali torna ad affiancarsi Sherlock Holmes, che non è mai del tutto tramontato.
A sorpresa, è mancata la prevista invasione di giochi ispirati a Guerre Stellari, fatta eccezione per i titoloni della Fantasy Flight e per i filler e gli altri giochi leggerissimi ritematizzati soprattutto dalle case editrici germaniche.

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